Attitudine punk e lo spazio come ispirazione. Affilati, mutanti, un vestito musicale perfetto di tecno-pop squisitamente anni 80, con tanto di headbanging furibondo e sguardo cibernetico come bussola di orientamento. Che la luce si spenga dunque e un occhio di bue illumini la galoppata elettrica dei Captain Mantell. Hype a profusione ma, grazie al cielo, per nulla tradito, giacché "Rest in Space", pur non potendo contare sul fattore sorpresa del predecessore riesce a mantenerne in toto gli standard e conferma la formazione veneta come una delle band più abili e originali nel panorama del nuovo pop elettronico da queste parti. Già, perché per quanto ci si possa sbizzarrire in veritieri accostamenti, questi "astronauti" sui generis suonano come sé stessi e nessun altro, in virtù d'una sezione vocale marcatamente ironico-svagata, e a composizioni disegnate da sonorità lineari che sposano svolgimenti niente affatto prevedibili. Un soundscape immaginario all'interno delle connessioni invisibili del tessuto stellare, che dal Veneto ai satelliti d'intorno, circumnaviga un universo musicale dichiaratamente retrò, adoperando un buon campionario strumentale opportunamente processato. Provano ancora che l'abbandono della chitarra nelle dinamiche della composizione non significa necessariamente il ritiro nell'oscurità o nell'assenza di una precisa forma stilistica. E' tutto un montare ritmico sottopelle ma quello che rende la loro musica spaventosamente efficace e universale è sicuramente l'attitudine senza barriere. L'estrazione è electro, suonano con spirito profondamente rock & roll, il tutto con la leggerezza e il sorridente disincanto del pop. Una spaceship sonora fra Alberto Camerini, i Crookers e i Devo. Obiettivo centrato.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.