Fresco, veloce e multiculturale. I Qbeta vengono dalla mediterranea Sicilia e si sente. Nove canzoni nove che una dopo l’altra avvolgono l’ascoltatore in un clima quasi surreale e multicolore con sonorità siculo-mediterranee-arabeggianti. Un ottimo lavoro di mix musicale.
La sonorità di questo terzo disco dei siracusani Qbeta, formazione nata dall’unione di musicisti provenienti da generi musicali diversi, mette insieme tutto ciò che viene considerato musica dalle sponde dell’Africa settentrionale fin su alle zone balcaniche, e io ci metterei anche qualche influenza gitana e andalusa, il tutto tradotto in una sorta di pop-ska dal ritmo assolutamente coinvolgente. Un po’ Dave Mathew’s Band nelle prime tracce come “Etnia” e “Trasparente nudità” e un po’ stile Almamegretta nella ben pensata e concepita “Arrakké”. Gli inserti di frasi in dialetto siciliano rendono il ritmo sincopato ancora più sfuggente e coinvolgente al tempo stesso (e non è richiesto nessun corso di siciliano per capire il senso delle frasi). La canzone che da il titolo all’Album, Arrakké, è il trionfo dell’influenza balcanica, ritmi veloci, fiati, chitarra pulp e cori come in una scena di un film di qualche regista dell’area est-europea. Impossibile non dimenarsi durante l’ascolto delle tracce che saltano da una pentatonica ad un giro vagamente reggae. Con “Impalpabile” ci si può prendere una pausa di riflessione, qualche arpeggio sussurrato e la voce di Peppe Cubeta che si fonde alla perfezione con le note e i cori che scivolano le une dopo gli altri… “voglio perdere tempo nel tempo, impalpabile come deserto…non mi bastano più le parole, le parole che sanno parlare…”.
Un perfetto tentativo (decisamente ben riuscito) di riassumere in sole nove tracce un universo musicale vasto migliaia di chilometri, una formazione assai ricca e un supporto musicale di tutto rispetto. Potrei aggiungere il nome di Goran Bregovic, che ha curato “Boom Boom” (altro viaggio musicale nel mondo balcanico), così tanto per dare ulteriore colore alla recensione o potrei concludere con un'altra citazione “qbetiana” che riassume il senso di questo CD: “…Il mandorlo è in fiore ed io che sogno, UN VIAGGIO NEL MONDO…”.
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La recensione Arrakké di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-06-22 00:00:00
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