Virginiana Miller
Il primo lunedì del mondo 2010 - Pop

Il primo lunedì del mondo

Chi li conosce a fondo e – quindi – li segue con devozione non resterà deluso. In questo disco ci sono tutti gli elementi che hanno reso i Virginiana Miller una delle band più significative della musica italiana, forse IL gruppo di culto per eccellenza. C'è un suono ormai diventato classico, una voce espressiva e ci sono le parole. Perché i Virginiana Miller sono soprattutto parole. E non è un caso che questo termine ritorni più volte nel disco: parole che "non fanno più male" , che "pesano come sassi", che "rivestono" un corpo nuovo e che sono la punizione a cui si viene "appesi".

Di canzone in canzone, atmosfere e stati d'animo mutano. Ciò che rimane costante è un'attenzione rivolta a storie private e piccole. Qui sta forse la maggiore differenza rispetto al disco precedente: in "Fuochi fatui d'artificio" il senso dei pezzi arrivava soprattutto dai riferimenti a fatti e personaggi storici (da Wilma Montesi a Enrico Mattei, dallo tsunami alla DDR), "Il primo lunedì del mondo" lavora invece in senso contrario. Si parte dall'individuo, l'allargamento poi deve compierlo l'ascoltatore, se ne ha voglia. È il caso di "Oggetto piccolo (a)", che mette in fila l'ossessione fine a se stessa del giocatore di videopoker e la fissazione autoriferita di una ragazza anoressica. Entrambi condannati a vivere in funzione di qualcosa che uccide nel momento stesso in cui si inizia inseguirlo: l'oggetto del desiderio è piccolo e informe, bisogno mentale che non sa farsi realtà o che la realtà non riuscirà mai a soddisfare fino in fondo. Il corpo, del resto, è un altro dei concetti che ritorna con forza nelle tracce: da quello senza peso del "Frequent flyer" a quello sublimato dell'"Angelo necessario", fino a quello esposto, smaterializzato e scomposto della ragazzina-Myspace de "L'inferno sono gli altri" (tra parentesi: partire da un social network e approdare a Sartre, passando per Nietzsche e la destrutturazione corporea. In una canzone pop cantabilissima).

A fronte di queste suggestioni pesanti, c'è il contrappeso di alcune risposte necessarie. La prima è il rifugio nell'amore e negli affetti ("La risposta", appunto), la seconda è la volontà di superare la mediocrità del tempo presente (che ci si elevi o si vada a fondo, poco conta: l'importante è togliersi dal pantano delle "Acque sicure"), la terza è la più crudele e dolorosa e si presenta come rassegnazione. Rassegnazione di un "povero Cristo" privato di tutto, anche di una propria Passione personale o disillusione di chi fa un bilancio e scopre che questo si conclude con un segno meno. L'ultimo riferimento è a "La carezza del Papa", che mette insieme righe drammatiche e potenti: "ora cerco una scusa non ho avuto i coglioni / non ho avuto né figli né gloria o potere soltanto canzoni / che non canta nessuno che non cambiano niente / che non legano il sangue spero tu mi perdoni". Di nuovo, parole pesanti, che sembrano prendere a schiaffi le speranze di ripartenza totale espresse e auspicate nella title-track. Un finale che sa di disfatta e lascia quasi storditi per la nitida disillusione di cui è portatore. Per fortuna arriva la cover dei Rokes a spazzare via un po' di nubi e a ridare speranza. Un rilancio necessario, che mette la parola fine a un lavoro denso come non mai, ricco di incastri e richiami interni. Un album capace di leggere il suo tempo con una lucidità che quasi spaventa.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.