Tira aria di Paolo Conte, in questo demo. Aria da giornata autunnale, di una malinconia capace di pseudo-capatine a Bahia, passando per le fascinazioni jazz di qualche nottata newyorchese di 'caposseliana' memoria.
Il milanese Ercole Egizi, trova un gruppo di persone capace di colorire le sue composizioni, ed assembla Machucado, un demo di 8 brani con la sua voce come filo conduttore, affiancato dal suo piano, dal rhodes e da tastiere assortite (all'occasione, anche fisarmonica), un basso (ma anche un contrabbasso), una tromba in ottima forma ed una chitarra scura, d'un jazz nasale figlia di Wes Montgomery.
Per dirla in breve, il piglio è smaccatamente jazz, con Egizi che sposta le coordinate sulla via di un cantautorato come forse non si usa più, che certo farà la gioia dei nostalgici del primo Capossela. Di Vinicio, però, Ercole non possiede né la grande voce né la vena folle e scanzonata: sono canzoni, quelle di “Machucado”, da ascoltare sulla via del ritorno dopo un addio, di quelle con cui farsi-del-male in qualche malinconica domenica pomeriggio.
Ercolegizi (così si chiama il suo progetto) tenterà di farvi credere che si possa anche sorridere, che un raggio di sole faccia breccia nella triste e programmatica song "Solitudine", ma è con i toni dimessi che si trova a proprio agio.
Scomodare Jobim è certamente eccessivo, ma serve a dar l'idea degli sviluppi melodici, che fanno il paio (come in "Io, Jachim, Paulo e Mario") con la tromba sordinata e la (tentata) raucedine della voce di Ercole, forse troppo poco ruvida per i meandri in cui vorrebbe entrare. Assolutamente evitabile invece la radio version di "Terremoti del cuore", in cui Ercolegizi tenta di andare a spasso con Luca Carboni cercando smaccatamente la "commercialata", toccando qui il punto più basso del suo pur dignitosissimo lavoro.
Certo, basta già possedere la discografia del buon Capossela (ancora? Per forza!) per dirsi soddisfatti in materia, ma qualora si volesse approfondire, assieme a Claudio Sanfilippo (vedi il suo lavoro edito da Fridge records) spunta anche Ercolegizi.
Il risultato è assolutamente buono, a meno che non si cerchino allegria e solarità: è lo stesso autore a dircelo (volontariamente o meno, poco conta), quando afferma che si tratta di una "dolce mousse da gustare piano piano, da mangiare soltanto in momenti particolari".
Si sappia scegliere il momento, altrimenti potrebbe essere indigesta.
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La recensione Machucado di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-06-29 00:00:00
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