Tempo fa avevo maltrattato un disco molto brutto chiamato "Fuga dal deserto dei Tiki". Si trattava dell'esordio discografico su Casasonica di una band a cui, molto onestamente, non avrei dato mai alcuna speranza di entrare nei miei ascolti (né in quelli di altri). A distanza di anni è giusto ammettere di aver fatto un errore, perché i Sikitikis hanno scritto uno dei più gustosi dischi poprock italiani di questo duemiladieci.
Ormai completamente abbandonato il filone primordiale ispirato alle colonne sonore morriconiane ed ai poliziotteschi d'altri tempi, i musicisti sardi cominciano quasi da capo e si reinventano, firmando una sorta di nuovo esordio artistico.
Il titolo del disco è già una dichiarazione di intenti: "Dischi fuori Moda". Così, per undici canzoni, si assiste ad una elaborazione moderna di vecchi stili. Dal pop surfeggiante alle canzoncine un po' yuppie, passando per qualche incursione soft punk fino a giocare con le hit estive anni ottanta, riuscendo a celebrare anche la canzone d'autore italiana a cavallo tra fine sessanta e fine settanta. Immutato il loro approccio vintage al suono, così come il ripudio assoluto della presenza chitarristica a favore di un basso ben colorato da trame elettroniche.
Ironici, dissacranti, intelligenti, melodicamente appiccicosi, i Sikitikis mettono a segno alcuni colpi da applausi. La magnifica "Voglio dormire con te" è sicuramente il tormentone simbolo del loro nuovo corso, ma tutto il disco regala alcuni gioielli da canticchiare allo sfinimento come il carillon nintendiano a 8-bit di "Tiffany" o l'elettro-filastrocca generazionale di "Avere trent'anni". C'è spazio anche per momenti più acidi e schizofrenici ("L'ultimo dei superstiti", "Amore sul Mac"), senza dimenticare il loro amore antico per le cover, stavolta celebrando "Malamore" di Enzo Carella, artista del quale anche Lucio Battisti si era innamorato. Su tutto si distende il (bel) canto di un Alessandro Spedicati in stato di grazia, la cui interpretazione avvicina talvolta i Sikitikis ai Tre Allegri Ragazzi Morti. Il difetto sta nella continuità del disco, spezzato in due tra brani ispiratissimi e qualche riempitivo evitabile. Il risultato complessivo è però da incorniciare ed alcune canzoni meritano di essere custodite a lungo.
Insomma, i musicisti di Sardegna sono una delle migliori sorprese di quest'anno. A dimostrazione di quanto a volte sia così bello sbagliarsi.
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