L'inizio è spiazzante, con quella chitarrina in levare. Che sia l'anno delle grandi svolte filogiamaicane? No, niente paura, Jet Set Roger resta saldo a Brescia. Semplicemente, rispetto al passato, si concede qualche esplorazione in territori un po' diversi dal divertito glam rock che lo ha sempre caratterizzato. Giusto un mesetto fa, parlando del minicd uscito quest'inverno, scrissi che la forza di Roger Rossini stava nella totale riconoscibilità stilistica. Ecco, questo album mi smentisce. Come detto, niente stravolgimenti, ma la voglia chiara ed esplicita di voler allargare il proprio sguardo. C'è il ritmo in levare già citato (e che ritorna in "Testimonianza del mio amore"), ma soprattutto ci sono un'attitudine e un approccio alle canzoni che si sono fatti più maturi e meno naif. L'esempio migliore è forse la titletrack, che descrive il non-sense della giornata della discussione della tesi di laurea. Come sempre, i testi sono ironici, talmente realistici e quotidiani da essere quasi surreali e oltre la realtà stessa. Le musiche parlano invece la lingua di un rock meno istintivo e più prodotto, che rinuncia a una certa carica corrosiva per farsi più pop. Un altro esempio è "Non mi ricordo più": nei dischi precedenti sarebbe stato un tripudio di tastiere martellanti, qui ogni cosa è contenuta e più lineare. Insomma, tanti segnali e piccoli mutamenti di rotta, per dare corpo alla sensazione che la "Jet Set Society" stia cambiando pelle. La transizione, però, è solo all'inizio.
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La recensione Piccoli uomini crescono di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-04-21 00:00:00
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