L'avevamo conosciuto con Canebagnato, etichetta milanese e "orgogliosamente fatta in casa", e ora ce lo ritroviamo con Universal, major globale. Se prima aveva ospitato gente come Xabier Iriondo, adesso allarga il ventaglio di collaborazioni chiamando alla produzione Teho Teardo (già nei Meathead e Here e ormai noto compositore di colonne sonore importanti: quella de "Il Divo", film di Paolo Sorrentino, ha ricevuto una nomination all'oscar). E spedendo a masterizzare dodici brani registrati in analogico da Denis Blackham, che ha messo le mani sui dischi di Eno e Byrne, o su quelli di Antony and the Johnsons. Il risultato è "Alone", il nuovo disco di Paolo Saporiti. Cantautore da folk melodico in bilico fra la scia statunitense di Bon Iver ed Elliot Smith e quella inglese di Nick Drake. Decisamente più sbilanciato verso la seconda, lunare e con un retrogusto da poeta maledetto.
Sul talento di Saporiti nessuno può aprir bocca. E' espressivo, ben intonato, teatrale e virtuoso. E poi ci sono le chitarre, gli archi, fieri e maestosi, il glokenspiel che dà colore ad un'aria cupa. Insomma, tutti gli ingredienti per confezionare un disco perfetto, per far sognare ad occhi aperti chi si è appena innamorato, o per far rattrapire ancora di più il cuore a chi se lo ritrova spezzato da poco. O, semplicemente, a far godere chi vuole ritagliarsi cinque minuti di passeggiate mentali.
Per chi, tuttavia, di musiche capaci di attivare sentimenti del genere ne ha già amate tante, "Alone" non aggiunge granchè. E ad un primo ascolto non si va oltre al "mmmm", detto a mezza bocca. Certo, a guardarlo più da vicino saltano fuori molti pregi. E prese singolarmente, queste sarebbero anche canzoni bellissime, inattaccabili, convincenti. Ciascuna con la sua grazia, la sua atmosfera, il suo immaginario più o meno romantico, drammatico o sognante. Messe tutte insieme nello stesso disco, però, formano una massa poco attrattiva. Piatta. Rinchiusa nella sua perfezione, ma poco aggressiva. "Woe", senza dubbio, è quella che riuscirà a rimanere impressa più di tutte, ma le altre rischiano di rimanere rarefatte, nel loro castello senza difetti.
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