A volte si incomincia da tre. Per poi non fermarsi mai. Viaggiare, viaggiare e ancora viaggiare. Vedere, incontrare, conoscere e assaporare. Fotografare, sdraiarsi, camminare e abbracciare. E poi suonare: suonare e ancora suonare. E quindi scrivere, e cantare e ballare e guardare le stelle cullati dal suono di una fisarmonica accompagnata da percussioni amiche e trombe in sordina, dondolati da quei ritmi caldi, e sognare di parlare piemontese con uno straccione marocchino, su un treno direzione Arabia.
Sono dieci anni di marasma: collaborazioni, concerti, musicisti, canzoni, strumenti, tour bus, palchi, strade, vittorie, impegno e musica. Una musica, quella maulera (o mauiana), che non ha bisogno di presentazioni. Ha bisogno solo di un spirito barricadero, amorevolmente disponibile al gioco, tremendamente assiduo in un viaggio costante e necessario, che è generato dal bisogno e dal DNA e che porta nei posti più diversi e basso-locati, ma così tristi e così decadenti da essere poetici. Perché “i fiori nascono dal letame”. Letame che genera patchanka. E patchanka che ha generato degli inni di tradizioni e sperimentazioni, pezzi di spessore per l’anima e il cuore, testi dialettali e multilingua e musiche mediterranee e contaminate.
Tutte racchiuse in un doppio live: tra nuovi arrangiamenti a riarrangiamenti, voci fuori campo mischiate e coagulate a pezzi che cambiano e ricambiano mille volte i loro cori e strofe, guru che riarrangiano percussioni, campionamenti che si affacciano tra vecchi pezzi e nuovi, inediti che guardano Safari ma cercano si salutare un po’ la beach, il silenzio che dopo “Finesterre” porta ad un ‘regalo’, radio sessions e registrazioni della strada che vagano nascoste ma non troppo, tracce illibate da una concezione tradizionale e il sapore della gente comune, quella vera.
Perché può essere questione di gusti e di occhio critico – forse criticamente critico – e di vagabondaggio magari forzato e di retorica, ma Mau Mau rimane un nucleo di musicisti emozionanti ed emozionati, umili e simpatici, vagabondanti in acustiche tribù e girovaganti per palchi più o meno piccoli e più o meno grossi, talvolta sottovalutati da chi potrebbe almeno menzionarli e talvolta solo citati per forza di cose. Non sono vittime, ma questo “Marasma general” (100% patchanka mediterranea) è veramente notevole. E speriamo non si concluda qui, e continui per porti e attracchi e sbarchi e strade e viuzze per ancora altri dieci anni, almeno.
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La recensione Marasma general (live) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-07-10 00:00:00
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