Volume e dolore. Distorsione e nichilismo. Sludge e rassegnazione. Claustrofobia suicida. Uno split che trasuda disagio, dalla congelata assenza di movimento degli embrioni sonori di Corpoparassita (eroi alessandrini dell'ambient industriale) alla deflagrazione architettonica che i Dyskinesia già ci mostrarono nell'album d'esordio (s/t su Frohike, 2009). Loro, forse, dal vivo come degli ipotetici Eyehategod che investono sbronzi la psichedelia kraut più industrialeggiante e farmacologica. Ma in realtà qui lo sfogo del malessere primordiale è occluso su file di prefabbricati grigi. Deliri spasmodici alla Greymachine, per capirci, fra momenti di stasi asfissiante (dove la poesia asettica di Corpoparassita descrive gli abituali scenari di morte) e chitarre che tossiscono e inspirano/espirano/spirano merda e disgusto. Melodie sorde e aculei rumoristici, tra linee ossessive di tonfi e martellate, vetri infranti dall'elettricità. La riflessione catartica dei brani ambientali è demolita da quei manici rotti come li romperebbe James Plotkin. Background su voci onomatopeiche (Nico Vascellari?) e una palpabile ossessione per la schizofrenia. L'industrializzazione dei sentimenti produce solo dolore. E, da ultimo, un encomio a Frohike per il profuso impegno (ambientalista) nel packaging in sughero/carta/stoffa del disco. Bravi.
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La recensione Corpoparassita / Dyskinesia - Split di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-05-10 00:00:00
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