Cosa dire che non sia stato ‘già detto’ della musica di Massimo Bubola? Ma soprattutto: cosa aggiungere di nuovo in merito ad un doppio (!!!) live, racchiuso in uno splendido digipack, che ripercorre, in 20 brani, la sua carriera di musicista? Non ci resta che il solito ‘dovere di cronaca’, perché quando ci si confronta col mito si rischia di scrivere parole senza senso e che magari già altri hanno avuto il coraggio di pubblicare.
D’altronde Massimo è, e rimarrà per molti, un autore misconosciuto, anche se ha contribuito a scrivere un bel pezzo di storia della musica italiana rimanendo, si fa per dire, sempre ai margini. Non a caso, a parere del sottoscritto, i migliori dischi di Fabrizio De Andrè sono quelli in cui Bubola ha messo le sue mani; e infatti questo doppio cd intitolato “Il cavaliere elettrico” - titolo, sia detto, menzognero rispetto ai contenuti, visto che le tracce contenute nel secondo cd sono arrangiate acusticamente - inizia proprio con “Andrea”, uno dei cavalli di battaglia dell’artista genovese scomparso qualche anno fa, e qui reinterpretato in maniera fedele rispetto all’originale, senza però far sparire del tutto l’attitudine ‘rock’ che caratterizza da sempre il lavoro di Massimo, un cantautore da molti accostato, non a torto, a Bob Dylan, per la sua capacità di riadattare la tradizione folk americana nel contesto della canzone d’autore italiana – non a caso “Avventura a Durango”, presente nel primo cd, è un pezzo scritto in origine dal menestrello di Duluth.
E questo lavoro, naturalmente, gli rende finalmente grazia, sottolineando ancora una volta, ahinoi, come il successo non sempre combacia con la bravura. Ma tant’è, i due dischetti sono una vera e propria goduria, dove si ha la possibilità di riascoltare non solo gli episodi della discografia intestata al Bubola solista, ma anche molti brani che negli anni abbiamo apprezzato tramite l’interpretazione di altri/e artisti/e (una su tutti: Fiorella Mannoia). Quindi non solo “Il cielo d’Irlanda”, ma anche “Dove scendono le strade”, scritta all’epoca con i Gang, “Fiume sand creek”, “Una storia sbagliata” e “Hotel supramonte”, ovvero 3 tasselli del periodo condiviso artisticamente con De Andrè.
Retorico e scontato scrivere, in conclusione, che in dischi del genere non sentirete musica di ‘plastica’, ma al massimo tanto ‘sudore’ e tante ‘lacrime’, cose che ancora in pochi riescono a comunicare con la musica.
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