Certo che a volte recensire dischi non è facile. Noi critici (si, vabè, ci siamo capiti) siamo come gli arbitri di calcio, costretti a dare giudizi e interpretazioni e ad essere fischiati nella peggiore delle ipotesi, ignorati quando va bene.
Faccio questo preambolo perchè l'ep in questione mi ha messo in difficoltà, trattandosi di uno di quei lavori che ad un primo ascolto fanno venire la tentazione di sbrigarsela, facendone aderire la musica a categorie standardizzate che fungano da immediata e più o meno precisa direzione: il problema è che da subito s'avanza una vocina che ti dice che non te la caverai così, che c'è dell'altro, e tacerne non può portare altro che fischi dagli spalti. O come minimo indifferenza. In fin dei conti per pochi secondi quelli sul palco siamo noi, tanto vale cercare di uscirne bene, no?
Faccio un brainstorming per cercare di spremere dalla testa le parole che più si avvicinino a quel che vorrei dire della musica dei Kisses from mars, che hanno fatto un ep di 4 brani, della durata complessiva di oltre mezz'ora, per il quale, ad esempio, è impossibile non utilizzare la parola "psichedelia" e le sue varie declinazioni: temi che tornano in maniera circolare, sbalzi, ricerca del climax, arpeggi, atmosfere desertiche dettate da un sapiente uso di tremoli, deelay ed effetti vari, nonché campane tubolari e altri ammennicoli del genere, fino a esplosioni soniche che non fatico a definire violente.
Roba interessante insomma, da ascoltare in cuffia, ma immaginandone l'irruenza del live, roba per cui sarei tentato di usare sia paragoni altisonanti che bizzarri. Non lo farò intenzionalmente: non perchè non sappia che pesci pigliare, ma perchè quelli che ho pigliato porterebbero sicuramente il lettore in zone troppo definite nelle quali è ingiusto rinchiudere le molte idee che ci sono qui dentro.
Accontentatevi di sapere che i Kisses from mars fanno psichedelia e rock'n'roll, ma in definitva fanno musica che compensa i limiti produttivi con urgenza, personalità e una sorta di mistica spavalderia. Fanno musica che lascia qualcosa e sebbene non porti particolari novità, né faccia presagire evoluzioni epocali, regala momenti di spessore ed emozione, in definitiva ciò che si cerca nella musica, specialmente quando si è scelto di scriverne.
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La recensione Sunset of the Giant di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-11-02 00:00:00
COMMENTI (2)
ravenna uber alles
ciao amisci! ci si becca a treesessanta!!!!