Band dal nome impronunciabile che propone canzoni di ferro e polvere tra noise e decadenza
Una valanga di sapori acidi e metallici con voci ipereffettate, materiale grezzo e sporco che per tre tracce non allenta mai la sua presa ruvida. Questa band, che utilizza come nome un impronunciabile acronimo che sta per “How much wood would a woodchuck chuck if a woodchuck could chuck wood?” si muove tra strumenti ridotti all’osso, che producono suoni secchi da noise minimalista e un’attitudine cupa che si mostra attraverso monologhi crepuscolari (“In Aria”), dove la voce diventa disperato artificio, chitarre scorrette e corrosive che tracciano linee spezzate (“Great Gabbo”) e una intenzionale messa in scena decadente e sofferta.
Pochi brani per esprimere un giudizio, ma da questa manciata di minuti viene fuori nettamente il profilo di un gruppo che dimostra una sua personale visione musicale, fatta di sonorità che piegano il rumore a una logica, e questo è certamente uno stimolo ad accostarsi a un futuro full length.
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La recensione Ep di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-03-28 00:00:00
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