Guglielmo Cappiotti ha la stoffa del cantautore. Una discreta capacità tecnica, buoni mezzi vocali, una scorrevole dote autorale. Le dieci tracce che compongono il suo esordio sulla lunga distanza "La fine del mondo", condensano il songwriting italiano con una notevole sensibilità di stampo jazzistico. A questo va di certo aggiunto uno stile consolidato di costruzione delle liriche, sempre in bilico tra passioni, mestizie di memorie passate, spiriti eleganti e forbiti, piece piano-voce di melanconia struggente e ampie aperture melodiche. Ironico, ruvido, dalla schiettezza emotiva anti-magniloquente, il giovane autore veronese arriva in punta di piedi al suo debutto, cimentandosi in un terreno in cui la fa da padrone la commistione di musica e teatro, una tradizione che ha saputo nei decenni passati combinare la figura del cantautore a quella del compositore in modo certamente non ordinario (da Paolo Conte a Marco Parente). In questo suo primo periodo creativo, suona musica di altri tempi, il che non è sempre e necessariamente un elemento di disturbo, ma nel caso di un cantautore esordiente dotato e promettente, si traduce nell'ascolto consolatorio di uno standard musicale fatto di caffè sorseggiati e fumo di sigarette, quasi terapeutici nel loro scopo di estraniazione dal contesto di vita quotidiana. C'è bisogno di fuoco, umore generazionale, un bel salto nel vuoto, sicuri che nel caso di Cappiotti ci sia un paracadute resistente che lo porti a terra senza farlo schiantare. Per ora la sensazione di fondo rimane quella del compito ben fatto, del primo della classe che arriva dritto all'obiettivo, percorrendo una strada ordinaria e dimenticando però quanto ci sia bisogno di visionarietà, estro, e rischio per fare cose memorabili e lasciarsi così ricordare.
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La recensione La fine del mondo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-09-13 00:00:00
COMMENTI (1)
Moltoooooooo Marco Parente!!!