Metterlo da capo. Ecco la prima cosa che farei finito di ascoltare questo disco. Un lavoro d'esordio firmato da una voce curiosa, tra il "lamentoso" e il "polemico". Tra un De Greogori più vissuto e viscerale (a tratti, molto tratti) e un Capossela più terreno e concreto. Polemica contro un sistema, impegno sociale, e linee incisive che si ricordano e si fanno canticchiare… che il mestiere più arduo è essere profondi e speciali senza svendersi in banalità ma restando comunque nella sfera del "popolare". Quindi un minestrone di cose facili per tutti che a sentirle bene sono tutt'altro che "per tutti".
Bravo questo Guido Rolando, in arte Giubbonsky, sassofonista ma anche chitarrista ma anche e soprattutto il cantautore di questo esordio intitolato "Storie di non lavoro" che dal titolo stesso traspira aria di "rivoluzione" e denuncia contro un sistema di lavoro e di futuro precario. Giubbonsky ci presenta dunque un lavoro di qualità che restituisce una firma interessante di questa nuova scena cantautorale italiana… un disco che forse avrebbe richiesto una produzione tecnica alla pari di un contenuto artistico davvero di rilievo, ma che comunque non ha niente da invidiare ai dischi di cui spesso si parla...
Stilisti, operai, qualunquisti e soprattutto uomini di potere… tutti dentro in una romanzata e scanzonata critica d'autore degna delle migliori scuole… che in fondo i potenti "Han dentro la paura di perdere controllo e inventano divise che ci fiatano sul collo…"
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