La prima cosa che cattura di questo giovane cantautore vastese è la voce. E' difficile descriverla solo a parole perché fermarsi al primo impatto affermando che ricorda vagamente le tonalità quasi esotiche di Mango è davvero troppo riduttivo. E' una voce da scoprire nelle sue sfumature: non blandamente delicata e soffusa, pur conservando l'aspetto evocativo e poetico, e non comunemente rock, nonostante la carica che emana in molti passaggi. Ma un'analisi troppo accurata dei dettagli non deve oscurare l'essenza di questo album che, al di là di quanto possa sembrare ermetico nelle sue liriche, è un lavoro in equilibrio tra la voglia di sperimentare e un senso innato verso la tradizione. Lo dimostrano le scelte musicali che spaziano dalle classiche chitarre al più folkeggiante mandolino, ma anche quelle linguistiche che si destreggiano tra tre idiomi, italiano inglese e dialetto leccese, per quattro brani.
Peccato sia solo un ep, il risultato è promettente e si distingue per il suo carattere e Fabrizio Avantaggiato merita di essere tra quegli artisti a cui è concesso di uscire dall'anonimato.
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