C'è una ragione per cui in certi posti nascono più band che in altri? Alle volte non me lo spiego con il procedimento causa-effetto. Ad esempio: i campi da basket. In America durante gli anni '90 parecchie città hanno visto la partecipazione di aziende private nel programma di risanamento urbano delle zone depresse della città. Praticamente ripulivano i vecchi giardini, territorio di delinquenti; la nike ci costruiva campi sportivi perfettamente funzionanti; i ragazzi ci giocavano a basket così se ne stavano lontani dalle cattive compagnie drogate. L'allenamento continuo e la possibilità di accedere facilmente allo sport han fatto si che tantissimi ragazzi sono potuti diventare giocatori professionisti e alcuni di loro dei campioni del basket internazionale. A Pesaro ci sono un sacco di campi da basket, l'assessore allo sport ne ha fatti costruire di nuovi in un'area parcheggio dietro il centro storico. Pensate, ha tolto posti auto per darli ai ragazzi per giocare a pallacanestro! Ma comunque a Pesaro ci sono più band che giocatori di basket professionisti.
Così succede che esci una sera d'estate e ti trovi ad una festa dove suonano il primo concerto i Be Forest e non lo sapevi. Da dove vengono? Da Pesaro. Primo concerto è già così sicuri sul palco? Due ragazze e un maschietto. Chitarra in eco perenne, voce femminile sussurrata al basso e batterista verticale. Tutti e tre in piedi. Bellissimi ritagli di luce di fronte alla gente. Presi uno per uno sembrano piccoli sassi di sentiero e invece sul palco diventano delle rocce levigate dalle onde. Come quelle che trovi al mare e ti piacciono e vorresti portarle a casa ma non riesci neanche a spostarle, avete presente?
Ok, ci sono tantissime città dove suonano tantissimi gruppi, ma perchè a Pesaro c'è sempre questa ondata nera di musicisti? Sapete che ho conosciuto un ragazzo che giocava a basket semi-professionista che è voluto diventare dark? A casa ha tutti i dischi dei Sister Of Mercy e si è fatto da solo la strada fino a Ravenna per vedere i Pains of being pure at heart perché non trovava nessuno che venisse con lui. Assieme a Young wrists, Death in plans, General decay, i We don't like you - in un certo modo - e Soviet soviet, i Be forest vengono da quel mare e ne respirano più di tutti gli altri quella profondità.
Il mini lp con cui si presentano, registrato da Paolo Rossi del Waves Studio a fine maggio 2010, è appunto un profondo pozzo all'interno del mare di delay e ritorni di chitarre. Micro pensieri recitati sottovoce e batterie minimali a tappeto che registrano il tempo come un cuore. Possono venire in mente tanti gruppi: For Against, Cocteau Twins, Cranes, massì anche gli Xx, che assomigliano a loro ma nessuno è esattamente loro. Mi piacerebbe sentire un po' più di voce e mi piacerebbe sentirli cantare in italiano ma sono al primo disco e un chissenefrega dietro ci può stare anche bene. Ovvio che se fossi Ivo Watts pubblicherei domani stesso il loro esordio su 4AD, perché i tempi sono cambiati e tutto è stato contaminato e il mare decide lui, quali sono le cose belle da lasciare a riva dopo la mareggiata e cosa invece tenere per sé nel profondo e i Be Forest sono una di queste.
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La recensione Demo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-09-20 00:00:00
COMMENTI (15)
un bel disco "new-basket"!
Veramente bravi.....mooooolto wave....The xx
grandi! big reverb
wow
bravi bravi, belli belli, la chitarra è talmente riverberata che ti sembra di cadere indietro
Non sono male per niente. Bravi bravi
stefano questa è wave?
"...e il mare decide lui, quali sono le cose belle da lasciare a riva dopo la mareggiata e cosa invece tenere per sé nel profondo e i Be Forest sono una di queste. "
w ale w i be forest
"stefano, questa è wave ?"
davvero niente male, bravi!