Da quattro ragazzi che si divertono a prendersi in giro quello che ti aspetti è che non prendano in giro te. Missione compiuta, quindi, per gli Io Ho Sempre Voglia, che con le parole e la musica ci sanno fare, e che dietro l'(anti)estetica da cialtroni perennemente spettinati del rock nascondono anni di studio e un diploma preso con Mogol come maestro. Nati a Monopoli nel 2003 sotto le (mentite) spoglie di gruppo punk votato alla cover, svoltano con la conversione ad un sound più leggero e personale, fatto di ritornelli immediati, accordi semplici, e ritmo da battito di mani.
In questo loro primo album omonimo i brani si succedono veloci e incalzanti, rotolando alla distanza minima di due minuti e qualcosa ciascuno e racchiudendo pillole sonore dai colori differenti. Una specie di tubo Smarties che dal giallo acceso di "Voglia", dal piglio beatleasiano, passa a un viola nostalgia dalle sfumature country (merito dell'armonica) di "Meglio di me". Rossa accesa è, invece, "Lei", imbarazzante qui pro quo con una ragazza in chiave rock.
Niente tavolozze dark, però: a prevalere è il lato positivo e spaccone del loro modo di approcciarsi alla musica, fresco e pulito come bucato appena steso. E se è vero che l'ultima traccia, "Capita", fa intravedere sporcizie sintetiche in stile Vibrazioni di ultima generazione, queste sono sempre in technicolor.
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