DilailaEllepì2010 -

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Nuovi inizi con risacche d'aria buona, per affrontare la ripartenza in volo dopo aver toccato bruscamente terra. I Dilaila 2.0. La Pippola regala una seconda occasione, meritata, dovuta, a uno scrigno di canzoni tutte italiane, intense, eleganti, pregne di desiderio di riconquista. A poco serve riavvolgere il nastro, esaminando centimetro dopo centimetro, il punto esatto in cui la bobina ha smesso di funzionare, la parentesi temporale che li ha visti attraversare il limbo dei musicisti sperduti fra gli esordi promettenti e un futuro tutto da scrivere. Le parole potrebbero pesare come macigni, se si ci si sofferma a quello che è stato. Da toccare con mano è oggi invece il presente in cui i Dilaila hanno deciso di stare. La differenza la fa il piano sequenza musicale: poetica e suono squisitamente italiani, il songwriting che si spoglia di ingredienti non digeribili, il nuovo significato dei versi cantati. I vuoti sono fatti di calme apparenti, da placidi fraseggi, sottili tensioni che corrono sempre lungo note di piano. I piani orizzonti di bassi, organi, fiati sapientemente distribuiti nei pezzi migliori del disco. Immaginate in modo sontuoso ed elevato un ensamble che aspira cautamente alla perfezione pop, che flirta con l'arte classica e la musica leggera italiana rimarchevole e senza tempo. Lentamente, assaporatene la consistenza, i florilegi sentimentali, l'amore violento, il sabataggio affettivo dell'esistenza ("Settembre"). La tradizione autorale del Belpaese che fu, centrifugata da una scrittura contemporanea, trainata da una voce dalla femminilità piena, interprete incantevole di una Italia musicalmente maestosa che si fa fatica oggi a ritrovare. Polaroid rosso sangue, per ritrovare il passo giusto, le ombre di Luigi Tenco, la classicità romantica dei Matia Bazar di una Dolce Vita su un Lungotevere che non è più in festa. La Beat Invasion di "Pensiero", suited song per la stagione appena arrivata e la vocalità rigogliosa di Paola Colombo fanno il resto: un elogio alla non-contemplazione, alla bellezza, all'escapismo dopo un naufragio sentimentale. E' il disco che più ho ascoltato questo mese, quello che vivamente consiglierei per tutta l'estate.

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La recensione Ellepì di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-06-22 00:00:00

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