Una capacità comunicativa straordinaria. Il trio veronese alza con "Estremoriente mediocre Occidente", la posta in gioco, il livello di guardia, le parole scelte. Chitarra acustica, mandolino elettrico e "ground drums", undici tracce cadenzate da passi ben piantati in terra, che si muovono perfettamente a loro agio in terre ricche di nevrosi, lande che sgorgano emotività, lambi narcotici. Il songwriting è liricamente coinvolgente, testi che hanno un peso specifico, perfettamente in simbiosi con la stuttura rock che avvolge l'intorno. Piacere per la sperimentazionale e appetibilità radiofonica, la vita schiacciata da un'omologazione culturale imperante, l'infanzia da ritrovare, le corse a perdifiato per non morire calpestati. Stracciano qualsivoglia retorica possibile, omaggiano la cura e l'attenzione testuale di grandi band come i Perturbazione, attraverso una voce dai colori sanguigni, che fa da filo narrante e persegue volontariamente la suggestione ipnotica. Una buona prova, da ascoltare con attenzione e una nutrita dose di curiosità.
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