L'evoluzione dei Marcho's lascia sconcertati. Ma affascina. Potrei descrivere tutto di questo disco mixato da Giovanni Ferrario (per i pischelli: John Parish and P.J. Harvey, Hugo Race, Morgan) facendo due soli nomi: Tonino Carotone e l'Adriano Celentano di "Storia d'amore". O descrivendo l'insolita strumentazione: voce, chitarra, violino, tastiere, fagotto, basso e batteria. Il mondo di Marco Mossuto si riassume perfettamente nel titolo del disco: un bar, ma sarebbe meglio dire un'osteria, pieno di personaggi circensi e ubriachi, che, diversamente da quello che farebbero i loro cugini americani di Tom Waits o quelli emiliani di Vinicio Capossela, si gettano le loro disgrazie allegramente alle spalle, affrontando la vita con una sonora e spavalda risata. Sul fondo tragico e disperato della sostanza delle loro esistenze (amori finiti chissà quando, incontri che sembrano aprire nuove vite, disoccupazione dovuta a instabilità mentale, motorini – non scooter! – che scodinzolano per la città, statali, autostrade, strade verso il mare, stazioni dei treni, un fiore tra le mani) gli eroi dei Marcho's tendono un filo su cui cercano di camminare in equilibrio, con una spensieratezza etilica, che potete immaginare quanto precaria e instabile sia. La vita non è una festa: è una sagra. Con tanto di orchestrina felliniana, a marcette, tanghi, polke, mazurke, ma suonate un po' così, con la strumentazione di cui sopra, il ritmo in levare che getta uno scalcagnato trait d'union tra Giamaica e Mitteleuropea, con un cantante che tenta di fare un po' il marpione senza crederci nemmeno tanto, tradendo un disperato bisogno d'amore. Un po' l'immaginario di "Lascia perdere Johnny", bel film di Fabrizio Bentivoglio del 2007, ma oggi e "sulla tratta Udine Marghera". Meriterebbero più attenzione. Invece sono pure senza contratto. Bah.
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La recensione Circobar di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-07-09 00:00:00
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