Disco liberamente ispirato all'opera di Nicholas Nassim Taleb, per questo sardo eclettico ricercatore del suono, dall'eterodossa quanto dotta carriera, con una manciata di buoni dischi alle spalle.
Sarebbe un'operazione aleatoria e in ultima analisi ingrata quella di de-finire il lavoro immateriale perimetrato all'interno di questo manifesto, veicolante una sorta di tensione alla musica totale, che ad orecchie facilone potrebbe risuonare come l'ennesima riproposizione dell'area prog - sebbene dei referenti forti sia possibile rinvenirli durante tutto l'ascolto, prodotto esuberante rispetto alla somma di elementi certi come Gong, Van Der Graaf Generator, Robert Fripp, nelle rispettive prima, quarta e settima traccia. Se non fosse che il disco risulta trasversalmente influenzato più o meno consapevolmente dal monolite post, pensando all'eterea reiteratività della seconda "Contrary Winds", dove fa capolino una certa radianza psicotropa vicina al mood di Ulan Bator e Swans. Non sfugge neanche il sopraffino lavoro di post produzione, valore aggiunto, fatto di noise e sfumature diafane.
Certo, c'è anche del chitarrismo un po' frusto e velleitario, come nella fusionaria "The Art of Being Amazed", deriva esacerbata di certi '80 - ma perdonabile, all'interno di un contesto di sicuro respiro internazionale.
E' un disco colto, questo, un'eterna via di fuga, che ama flirtare con i tecnicismi esasperati, lasciandosi dietro a tratti molti preziosi conati di stomaco, e va detto. Ma ciò che è metatestuale, in questo lavoro, è la capacità del riso, dell'ironia inframezzata, che ribalta le premesse, distruggendo la scala che ha portato all'edificio. In ultima istanza, prerogativa più intelligente ed apprezzabile di un'opera d'arte. Non per tutti, qui fortuna e merito.
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