Jazz-core, o free-punk? Entrambi gli ambiti, giocati nel solco dell'antisommossa (seppur nel suo rovesciamento antimilitarista) ad onta di ogni regime. Sassofoni, accordion, bajan e più classica figurazione basso/batteria, nell'eclettica commistione di una no-wave priva di referenti precisi, ma molto vicina (concettualmente) a progetti attuali come Very Short Shorts piuttosto che ai vecchi Storm And Stress, in una versione più burlesque.
Rocambolesca e inttellettuale, la musica degli Tsigoti fa del suo polimorfismo medium e messaggio. Così, folclore beffardo in salsa punk ("With A Mirror And A Magifying Glass") coesiste pacifi(sti)camente con la quasi-demenza zappiana ("This Is A Simplified Response...") e il piglio dissacratorio a la David Thomas sotteso a tutta l'opera. C'è del vaudeville da delirio pianistico ("Dust To People To Ashes") e l'impro-jazz da marcia di "(Can) Don't Sleep Through This"; l'iniziale allure tanguera di "(We?) This Is The Days Of Your Life" e il rock d'opposizione di "(Yes) The Border Crossed Us".
Perversi polimorfici, contro ogni guerra. Che è, comunque la si voglia mettere, pur sempre terrorrismo.
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