I Carlito, da quello che mi è dato sapere, hanno partecipato all’edizione 2001 del festival di Sanremo e nascono dalle ceneri degli Unarazza, formazione veneta che qualche anno fa visse una stagione di gloria (si fa per dire) grazie a discografici ‘ciecamente illuminati’ che non diedero loro neanche il tempo di vivere (artisticamente parlando).
Ci riprovano adesso (con) i Carlito, giocando anche la carta sanremese per uscire dal ‘solito giro’ dei vari canali promozionali saturi di proposte plastificate. Ma, sinceramente, “La compagnia dei cani” non ci sembra un lavoro in grado di sbancare le playlist dei vari network, pur avendo qualche pezzo giusto (“I ragazzi del fiume”, “Padri dei padri”), cioè ben strutturato e con un ritornello che potrebbe ‘incollarsi’ in testa a più di una adolescente. Categoria, quella delle adolescenti, in cui potrebbero far breccia anche ballate classiche come “Emily”, arrangiata con archi, “Alma” e, soprattutto, “Goodbye my dear”. Ma il problema è che i Carlito sono un gruppo rock (fate caso alla formazione) e pensano, naturalmente, ‘canzoni rock’ come “I fiori a testa in giù”, “Le favole buone”, “Re del tango” e “La compagnia dei cani”, i brani in cui, secondo l’opinione del sottoscritto, esprimono la loro parte migliore.
Ciò senza nulla togliere alla loro capacità di scrivere ballate, dove però zoppicano dal punto di vista delle liriche - aspetto, ad essere sinceri, che dovrebbero curare complessivamente di più, evitando alcune banalità dettate da una foga comunicativa che cerca il passaggio semplice ma scade nel semplicismo.
L’unica questione da risolvere, a questo punto, è quella relativa alla loro ‘emersione’, tema che in questa sede non dovrebbe forse interessarci, ma che alla resa dei conti decide(rà) il loro destino. L’unica speranza è che i condizionali di cui sopra si risolvano positivamente, giusto in tempo che i Carlito non finiscano nell’oblio.
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La recensione La compagnia dei cani di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-09-04 00:00:00
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