Leggo sul loro Myspace: "Il nome Alcool Etilico, proveniva da una battuta lasciata per aria da Enrico, e quel suono armonico formato dall'unione delle due parole, restò amalgamato tra le menti, il cuore e l'intera famiglia "A.E.". Non si conosce di preciso l'origine ed ognuno dava la propria interpretazione visionaria al significato". Probabilmente solo da ubriachi si riuscirebbe a ricavare la poesia da queste due parole. Sperando che il giorno dopo, lasciandosi alle spalle i fumi dell'alcool, un potente hangover distrugga tutti i ricordi, comprese queste due parole, alle quali associo anche l'immagine del disinfettante, che rappresenta, invece, qualcosa di lontanamente poetico. La scelta del nome si rivela catastrofica e fatale: è la celebrazione dell'anti poesia, che sarebbe sembrata banale persino a un liceale al tempo della prima occupazione d'istituto. Soffermarsi su questo particolare potrebbe sembrare inopportuno.
Tuttavia, la denominazione del gruppo è un importante indizio. E' il nome che genera il mostro. Poiché la dice tutta, già in partenza, sulla componente di creatività e fantasia manifestata dalla band e sulla capacità di esprimersi in maniera innovativa. La scelta delle parole, dei contenuti, dei suoni segue la stessa ovvietà della preferenza data a quel nome. E' come se quell'appellativo pregiudicasse tutto inevitabilmente. Il connubio controproducente tra testi e musica, la non padronanza degli strumenti, l'immaturità palpabile anche della voce, acerba e inesperta, porta inesorabilmente verso il decadimento musicale e il baratro della scontatezza a tal punto da far sembrare il tutto un mix letale tra Le Vibrazioni e i cantanti napoletani di stampo neo melodico. Una via d'uscita c'è. Azzerare tutto a partire dal nome e ricominciare dal principio riconoscendo che c'è molto da lavorare prima di sognare.
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