Nasce dalle notti gelide di un posto qualunque il primo album degli Ovlov, "Margareth Frank and the Bear", galleggia in atmosfere languide, in salotti storici, in visioni torbide. E' l'altra faccia del rock nostrano, quella femminile. In ascesa.
E' stata per tanto tempo l'ennesima anomalia italiana, in un mondo che di eroine indie ne ha viste tante: da Alison Goldfrapp, a Bjork, fino a Cat Power e VV dei Kills. E' una tendenza che si sta invertendo, grazie ad artiste del calibro di Beatrice Antolini, Denise, Laura Sghedoni (Mquestionmark). Insieme a loro, milioni di suoni nuovi invadono la nostra piccola oasi: una rivoluzione, che sta avendo i suoi seguaci. I segni di questa piccola (grande) rivoluzione sono tutti presenti in questo disco, ricco di suoni vellutati e sospiri, tante citazioni e ed una vena sempre ispirata, personale, intensa. Un approccio che parte dal coraggio con cui gli Ovlov riprendono i grandi del nostro presente, tutti (guarda caso) con una voce femminile: dagli Arcade Fire in "Up & Down", agli onnipresenti Goldfrapp.
E' un esordio maturo, ricco di atmosfere cupe e sommesse, interrotte da sprazzi radiosi ed illuminanti ("Startup"). Un lavoro variabile nei suoi umori e nelle venature, versatile come la voce di Luisa Pangrazio, capace un'interpretazione mai eccessiva, qualità che regala al disco momenti sempre piacevoli, mai stucchevoli, frutto di soluzioni stilistiche sempre ricche di personalità.
L'oscurità e le ombre metropolitane di un mondo oscuro, confusionario, grigio come le pareti di una galleria sotterranee trasformano un'idea in un disco bello ed interessante. Dalle notte gelide bresciane a quelle newyorkesi, un viaggio come un volo nell'anima intorpidita di ognuno di noi. Assoluta, negativa, adombrata. Il sottile mistero della quotidianità. Ventisette minuti algidi e delicati, universali.
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