Prendete una vaga somiglianza con gli Incubus, unitela senza ritegno agli Audioslave, arricchitela con dei vocalizzi alla Creed e mescolate a furia di schitarrate violente.
Prendete una vaga somiglianza con gli Incubus, unitela senza ritegno agli Audioslave, arricchitela con dei vocalizzi alla Creed e mescolate a furia di schitarrate violente. Ecco ottenuto l’esordio dei Blue Jane.
“Sober” è un album che vuole essere molto intenso, ma si perde in inutili dilungamenti e ripetizioni, che rendono l’ascolto addirittura stancante. “Sad” è il pezzo che rispecchia maggiormente questi aspetti. Melodia ripetitiva e parabole vocali troppo azzardate affollano ossessivamente la partitura, finendo per portare a cambiare disperatamente traccia e a scorrere la playlist in cerca di conforto.
Conforto difficile da trovare, ma che fortunatamente ti accoglie tra le rassicuranti note di “Hey Ya”: il pezzo emerge grazie a un ritmo molto più deciso e sostenuto, sfoderando un notevole arsenale strumentale, che mette in mostra capacità troppo poco in evidenza nelle nove tracce dell’album.
Le basi tecniche sono presenti, la voce di Fabio Polini è di una potenza e di una melodia strabilianti, ma un eccesso di virtuosismo e la voglia di rifarsi ai grandi del post-grunge soffocano un debutto che sarebbe potuto essere decisamente migliore, ma si rivela totalmente privo di identità.
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La recensione sober di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-12-05 00:00:00
COMMENTI (1)
Come si fa in un disco mezzo grunge/stoner a definire parti lunghe e ripetizioni una cosa negativa?