Kyò è il punto d'incontro fra la parola recitata e la musica. Metteteci pure che la "parola", in quasi tutti i casi, è prelevata dal passato remoto, mentre la musica è altamente contemporanea (elettronica), e avrete un contrasto perfetto, agrodolce, spiazzante. Nell'epoca della fusione delle arti, non sconvolge che Leopardi, Artaud, Cavalcanti, entrino in musica, perfino se questa è fatta di sintetizzatori e finissimi loop.
L'operazione di Kyò è tutt'altro che reportagistica, ovvero non si limita a riproporre in chiave sterile i testi del passato. È innanzitutto fondamentale la scelta che viene fatta sui brani. Perché proprio "Canto Notturno di Un Pastore Errante Dell'Asia" di Leopardi o "De l'infinito, universo e mondi" di Giordano Bruno? Che cosa hanno di particolare? Sono, per così dire, testi "impegnati", perché, pur essendo parecchio datati, hanno decisamente qualcosa da dire anche oggi. "Televisione, la quotidiana nausea, nausea per la chiacchiera programmata, per l'allegria a comando" dice Heiner Muller; "togliete l'oppio, ma non toglierete il bisogno di crimine, (…) il cretinismo congenito, le sifilidi ereditarie…" dice Artaud in "Lettera Ai Prepotenti".
Insomma una selezione raffinata di testi, che mettono a nudo i mali sociali o semplicemente ci fanno riscoprire il piacere della poesia con la P maiuscola: "Chi è questa che ven, ch'ogn'om la mira, / che fa treamar di chiaritate l'are…" scriveva Cavalcanti. Supportati dalla bella voce di Monica Nappo, che recita e personalizza i brani, le dodici tracce rimangono però soffocate dall'intento comunicativo dei testi. La musica, quando c'è, si sente veramente troppo poco. Sprofonda nel fiume di parole senza scampo. L'impressione è che l'operazione dei Kyò sia riuscita a metà. Speriamo in una ripresa.
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La recensione Kyò di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-01-11 00:00:00
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