Venua
Gli Abitudinari 2010 - Rock, Pop, Indie

Gli Abitudinari

L'eterno ritorno del rock sembra non essere mai domo nella ricerca di ciò che fu, di ciò che sottende alla cultura stessa del genere, fin dalle radici. Così, la cover del debutto di questi bergamaschi rockers radical chic, rappresenta una summa iconografica, nei segni e nella loro rappresentazione mitologica, di tutto quello che l'Italia fu e continua ad essere: collage di fotogrammi seppiati, ritratti di famiglia e cene aziendali, il tutto condito da una buona dose di provincialismo patologico, atavico ma così dolcemente identitario.

Sotto la produzione artistica di Marco Fasolo (Jennifer Gentle) e Paolo Pischedda (Marta Sui Tubi), il disco apre la sua visione del mondo con "Mare", risciacquo pop di materiali ampiamente defluiti sotto i ponti, a metà tra TARM e Subsonica, in una chiave sixties. "Insolito" ci introduce nel lato synth-pop, sprofondandoci nei tardi 90 dei Bluvertigo, stessa congerie concettuale e medesime soluzioni in ordine a scrittura e poetica suburbana - registro che perdurerà anche in "NO!!" e in "Tunnel". Fuga dalla routine, dunque, e certa codificata ricerca dell'intelligenza. Molto surf e robotica canzonatoria, la quarta "Funziona Bene", ricorda molto da vicino il primo (e il migliore) Enrico Ruggeri. "Barrie" è rock'n'roll, come si dice oggi, senza-se-e-senza-ma, ideale connubio tra Chuck Berry e Alberto Camerini.

Vasto contenitore in cui coesistono più o meno armonicamente tutti (ma proprio tutti) il luoghi comuni e le nevrosi denunciate dal rock, oltre ad esser una buona sutura tra surf, funk, psichedelia e pop anni '80. Nothing more, nothing less. Ambizioso e squisitamente foggiato, ma ancora pericolosamente scarno di contenuti.

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