Sfornare un doppio cd senza una vera etichetta di supporto è un atto o di follia o di acuta consapevolezza delle proprie capacità. Il caso di Daniele Scarsella è a metà fra le due opzioni. Acuta consapevolezza delle proprie capacità perché la qualità artistiche ci sono, e notevoli, tanto che gli amanti della canzone d'autore più jazzy troveranno di che essere soddisfatti. Robuste tracce di Cammariere (fortissime, tanto che Scarsella potrebbe essere definito come la versione non noiosa del calabrese), Fossati, Capossela (specie "Anello alle mie labbra"), sprazzi di De André e Tenco, riuscite tentazioni operistiche (come in "Tu che doni l'inchiostro"), fanno di questo disco una piccola chicca. La follia sta nel fatto che un'operazione del genere difficilmente può essere recepita dal suo pubblico naturale, poco incline a setacciare il mare delle produzioni indipendenti. Non resta che sperare che qualche major si accorga di Scarsella e lo mandi a Sanremo. O al Tenco. Che sempre a Sanremo è.
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