Incuriosita dal nome di questa band, vado dritta su Google e trovo che "L'albedo (dal latino albēdo, "bianchezza", da album, "bianco") di una superficie è la frazione di luce o, più in generale, di radiazione incidente che viene riflessa indietro in tutte le direzioni. Essa indica dunque il potere riflettente di una superficie". E mi rendo conto che avrei dovuto saperlo.
Gli Albedo, invece, sono un gruppo di Milano. Un gruppo che fa rock dal 2007 e, arrivato al 2010, ha deciso di chiudersi in uno studio valido, investire un po' di soldi e registrare il suo primo disco ufficiale. Così nasce "Il Male", un album totalmente autoprodotto, registrato e mixato da Fabrizio Chiapello del Transeuropa di Torino. Un concept album sugli aspetti meno romantici del reale, sulla semplicità di un'esistenza troppo impegnata ad arrivare al giorno dopo per poter accettare e giustificare le immagini e le pose che spesso ci si appiccica addosso.
"Il Male" è, dunque, un album di denuncia. Contro chi dice di odiare Milano, ma non se ne va. Contro il fighetto-finto-intellettuale che parla sempre della vacanza a Formentera ("Cemento e gelosia"). Contro la sterilità della conoscenza basata solo su internet, che non pone domande e non stimola il pensiero ("La faranno dormire"). Contro i tentativi di rinnegare la propria individualità, per interpretare qualcun altro ("Da quando sono serio"). Perché è ognuno di noi a decidere: quello che sei lo deciderai tu ("Questa mia pelle"). E perché è importante rendersi conto che quello che si sta facendo non è una perdita di tempo, ma serve davvero ("Esistono ancora i pescatori?").
Figli degli Afterhours, con sonorità comuni ai primi Verdena e, ancora di più, ai Ministri, gli Albedo valgono e possono conquistare quel pubblico affamato di rock indipendente un po' arrabbiato che adora i già citati Ministri.
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