L'incipit è dei più promettenti: un incedere epico di synth che si aggrovigliano fieri, spavaldi, nell'azzardo di volersi confrontare apertamente con il mondo dell'elettronica mentre il mondo dell'elettronica va da tutt'altra parte, con quel pizzico di (sana) presunzione che è tipica di chi sa quel che fa, noncurante dell'opinione comune. Poi però parte un pezzaccio electro-rock che è la summa di tutti i cliché peggiori del genere, roba tipo gruppo cover adolescenziale dei Depeche Mode, e allora ci rimani un po' così, spiazzato.
Il brindisino (ma torinese d'adozione) erhZ è il classico produttore musicale con un sacco di buone idee, che ancora deve trovare la propria via. Ascoltare "Happiness is a point of view" è quindi rendersi conto di un talento che ancora deve sbocciare, che si manifesta qua e là, a sprazzi, soprattutto quando procede senza incaponirsi nelle rigidità della forma canzone synth-pop, che evidentemente non è nelle sue corde. Meglio allora cose come "Boot cabaret" (da cui è stato tratto anche un bel videoclip) e "So near so impossible" che, nel loro svilupparsi orizzontalmente, colpiscono a livello emozionale, con semplicità e naturalezza.
La ricerca sul suono è apprezzabile, seppur un tantino demodè, e le atmosfere sono ben caratterizzate. Meno convincente, a mio avviso, è invece la parte ritmica, che risente di alcuni stilemi decisamente abusati. "Happiness is a point of view" si rivela quindi un lavoro dignitoso, da cui traspare un'urgenza creativa perlomeno autentica. Emergere nella giungla delle produzioni elettroniche made in Italy è veramente difficile, quindi non posso prevedere chissà che, fatto sta che erhZ, nonostante i suoi limiti, può puntare a ritagliarsi la sua fetta di pubblico, e questa, in ultima analisi, è la cosa più importante.
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