Dimartino
Cara maestra abbiamo perso 2010 - Cantautoriale

Cara maestra abbiamo perso

Bignamisti? Compendisti? Forse sarebbe anche ora di trovare un nome alla nutrita schiera di cantautori che ha deciso di riassumere nei propri pezzi buona parte della musica italiana degli ultimi decenni. O forse no, forse è inutile, perché, se da una parte gente come Stefano Vergani, Ettore Giuradei, Brunori Sas o Dente ha dalla sua uno sguardo al passato, dall'altra ognuno di questi nomi rielabora il tutto con uno sguardo personale. Per fortuna. E per fortuna non sfugge a questa personalizzazione Antonio Di Martino, il quale con "Cara maestra abbiamo perso" firma il disco che chiude alla grande un'annata da incorniciare per la nostra musica d'autore. Come detto, siamo dalle parti dei Bignami musicali. Nelle nove tracce troverete Ivan Graziani e Rino Gaetano, ma anche De Gregori e - soprattutto - Tenco. Quest'ultimo entra infatti nel disco con la bella cover de "La ballata della moda"(in cui canta e suona Cesare Basile, presente nei crediti anche come produttore), con la title track che tira le somme di "Cara maestra" quarant'anni dopo e in fondo anche con "Ho sparato a Vinicio Capossela", il cui inizio ("Ho sparato a Vinicio Capossela perché mi andava e perché piaceva a te e alle tue amiche") sembra rimandare allo splendido "Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare". Tre canzoni con un ascendente comune, ma in tutto diverse tra loro. La forza dell'esordio di DiMartino sta infatti nell'aver realizzato un album in cui ogni pezzo è totalmente differente dagli altri per tono e stile. C'è il brano più urlato e saltellante in apertura, quello confidenziale, quello più disperato ("Parto", non a caso con la presenza di Vasco Brondi), quello più elettrico, quello più surreale ("Lavagna sporca", appaltato al duo Enrico GabrielliAlessandro Fiori e alla loro vena Mariposa). Il tutto senza essere dispersivo, ma anzi sfoggiando coerenza e compattezza invidiabili. Perché la sfida di tutti i nomi citati in apertura è quella di portare tutto a casa, lavorarci sopra e uscire poi in strada con una propria identità. Pochi ci riescono, DiMartino è uno di loro.

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