Tre anni per conoscersi, inventare e sperimentare l’esperienza di band musicale.
Marilena Anzini e Giorgio Andreoli sono gli Arecibo, cresciuti in seguito con Paolo Castiglioni e Diego Corradin.
Notevole è l’impegno vocale di Marilena, una gran bella voce che ci ricorda da vicino un pò Marina Rei, melodica ma allo stesso tempo carica di energia, e ricercato è l’impegno delle chitarre di Giorgio Andreoli insieme a Castiglioni al basso e Corradin alla batteria.
Il gruppo lombardo si è specializzato nel genere biorock influenzati da “tutti e nessuno in particorale” come affermano loro, ma che a me di rock sa un pò poco e onestamente non riuscirei neanche ad immaginarmeli. Sono bravi così.
Sei tracce musicali che hanno come filo conduttore l’amore, i suoi sentimenti, “il suo essere tutto quello che non ho avuto mai”, la ricerca dentro la propria anima persa nell’universo, e in “Figlio D” un angoscioso problema: “non ti muovi chiuso in questo vetro guardi fuori”, la fecondazione in vitro.
Interessanti e curiosi le registrazioni degli uccellini di montagna in “Dolcissimo rap” e i grilli toscani in “Lascia che sia” che per un attimo ci portano là dove la pace, la natura e il “rumore” del silenzio ci tengono per mano accompagnandoci sulla strada di una serenità interiore e dove la voce di Marilena ci culla dolcemente ricordandoci le note di let it be…
Ma è in “Pattini” che voce, chitarra e armonica raggiungono l’apice per lasciarci un sound che, ripeto, di rock ha un po’ poco ma è una musica talmente “sensibile” che è ci toglie ogni dubbio sulla forza e la voglia che gli Arecibo hanno di farsi conoscersi.
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