E i CCCP non ci sono più. Forse c'è un motivo. Fortunatamente ci sono gruppi, come i Box Demolition che ci ricordano passati gloriosi del punk italiano, ma non solo. Questo ultimo album autoprodotto del gruppo lucchese apre con i toni, la voce e l'incedere tipici del Giovanni Lindo Ferretti dei tempi di "Spara Jurij" e "Affinità e Divergenze", misto a scenari post nucleari, misto a un vagheggiato timbro punk rock anglosassone e misto ancora a testi che passano dal velo di un certo cantautorato italiano, a toni quasi demenziali che sfociano nello sfogo provocatorio e sguaiato.
Insomma una miscela pretenziosa, forse troppo per questa band dedita al punk sfrenato, incazzato, sguaiato e aggressivo. Tralasciando il suono rozzo degli arrangiamenti e la qualità della registrazione, ci troviamo davanti a un'esplosione di sfogo nei confronti del mondo, che ha trovato nella forma veloce e ruvida del punk la formula ideale per esprimersi. Certo, ci si sente a casa con quei ritmi: ascoltando tutto il cd, iniziando da brani come "Le radiazioni di Chernobyl sono arrivate fino a qua" (titolo un po' alla Vasco Brondi), passando per sonorità lievemente più caute come in "Vorrei Ancora" e arrivando a pezzi cantati in inglese come "Militia Time", si ha la solida e concreta sensazione che tutto l'album sia più che ascoltabile, ma che manchi qualcosa, o che qualcosa ecceda.
Testi come "Mio padre vuole andare in televisione, stasera e' tornato a casa con un coltellone, ho sentito le urla della mamma che piangeva, poi strillava, poi piu' niente", vorrebbero risultare provocatori, ma finiscono invece per mancare l'obiettivo. Questo probabilmente a causa dell'impeto iroso e tutto teso al punkeggiare da cui sembrano essere posseduti - nel bene e nel male - i Box Demolition.
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La recensione Chernobyl di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-06-16 00:00:00
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