Farsi piacere per forza la world music è da razzisti politically correct.
Quando si parla di world music bisogna sempre assumere un tono serio, altrimenti si rischia di offendere la cultura di riferimento prendendola troppo alla leggera. Ugualmente per avvicinarsi ai Kabìla, gruppo aretino ma d'ispirazione araba, si deve prima capire le ragioni dietro alla musica, di conseguenza cercare di dargli un giudizio.
“Oltre Noi” è il secondo disco del gruppo toscano, che cerca di definire attentamente il proprio vocabolario stilistico per evocare al meglio le atmosfere che raccontano. Grazie anche alla produzione di Massimo Giuntini dei Modena City Ramblers, il risultato è un folk-rock, vagamente prog, in cui si innestano la voce araba del libanese Emad Shuman e vari strumenti riecheggianti il medio oriente. L'effetto è quello di un viaggio attraverso le culture del mediterraneo, con un occhio verso l'Africa, che però non brilla di originalità o ricchezza di stile.
Fin dal primo ascolto il tessuto musicale risulta antiquato, noiosamente lungo, che artisticamente non vale un'opera minore del catalogo della Real World Records. Un'altra pecca sono i testi che propongono una poetica banale e scontata, goffamente intellettuale, che non scalfisce la sensibilità dell'ascoltatore. Forse solo l'episodio di “Dove c'è una strada” riesce a svettare sul resto del disco.
Tornando a parlare di intenti, se i Kabìla volevano aprire le orecchie del pubblico alla cultura araba devono scontrarsi con il fatto che, almeno in musica, la fusione fra mediterraneo e occidente è una formula già ben rodata e non meraviglia più di tanto (per esempio Radiodervish, Orchestra di Piazza Vittorio, Mauro Pagani) e perciò ci si aspetterebbe di più da chi ci volesse provare ancora.
Forse la morale è abbastanza ovvia: non basta mettere insieme un gruppo apolide per creare una musica capace di descrivere l'incontro fra culture.
---
La recensione Oltre noi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-05-29 00:00:00
COMMENTI