"E mi spiego perché l'uomo scelga spesso l'immobilità, prevale la paura della quotidianità". "E vorrei ringraziarti perché mi hai voluta proteggere spingendomi lontana da te". "E scegli la tua via di fuga... ed ora inseguila... ed ora abbracciala". "Il tempo è inesorabilmente capace di filtrare dolori e gioie, senza chiedere il permesso ricopre con un velo ogni ricordo". Non sono citazioni condivise su facebook da mia cugina quindicenne tramite LinK pEr tuTTi i gUstI. Sono estratti dalle canzoncine di Maria Lapi. Eh sì, canzoncine, non si possono definire in altri modi. A parte le liriche ingenue (e anche abbastanza monotematiche: io sono io, sono complicata, prendimi così, che noia la gente noiosa...), l'album è davvero troppo leggero: cantautorato pop solare, con quella patina di jazz che fa subito raffinatezza, con la voce virtuosa e maliziosa. La Lapi potrebbe fare colpo a Sanremo, dove in mezzo all'orgia di neomelodici spiccherebbe con la sua grazia soffusa. Ma qui, nel mondo reale, l'aggettivo "carino" non è abbastanza per guadagnarsi il premio della critica.
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