La leggenda vuole che il suono di questo album sia stato scelto dall'allegro ragazzo morto Enrico Molteni durante un viaggio a Cuba insieme a Vasco Brondi. Al ritorno l'illuminazione: si fa un disco reggae. Che poi proprio reggae non è: dal genere coglie molte sfumature, ma lo semplifica anche, come tutti i gruppi punk che ad un certo punto della loro carriera decidono di avvicinarsi allo ska o al dub. Con tutto il rispetto verso il lavoro del produttore Paolo Baldini (Africa Unite), mi ricorda quando a sedici anni ascoltavo le cassette dei Bad Brains o di Mad Professor nonostante lo stereo a pile non avesse abbastanza bassi: si sentivano solo gli effetti, la voce, le bacchette sul bordo del rullante, le chitarre in levare. "Primitivi del futuro" ha belle melodie alla Celentano e ritornelli enormi ma un solo tipo di arrangiamento, come se fosse un'unica canzone da 40 minuti. Inizialmente è piuttosto pesante, dopo ci si abitua.
La novità è nell'imaginario raccontato, i Tre Allegri Ragazzi Morti lasciano un attimo da parte gli adolescenti e si rivolgono ai neo-adulti. Se con i primi è ancora lecito sperare in qualche piccola fiammella controculturale ai secondi c'è solo da ricordare l'età che hanno e la vita che vivono: annoiata, goffa, in costante ritardo all'appuntamento con la società civile. Il tono si fa più austero, scompaiono alcune figure chiave del Mondo Naif (la Salamandra, ad esempio) e ne compaiono altre ben più crude e crudeli: ragazze con i denti ferro, padri a cui vengono negati i figli, uomini anaffettivi convinti di essere soli al mondo, fino ad arrivare al lungo elenco di personaggi raccolti nella conclusiva "Primitivi del futuro": beoni, spacciatori, ballerine, pensatori, puttane felici, e giocatori, tutti ben piantati nella vita reale e lontani da quella a fumetto. Davide Toffolo canta di bamboccioni dipendenti dal computer, ancorati ad un'idea di lavoro vecchia, noncuranti dell'ambiente, socialmente piatti. E a questa servera lavata di capo non si sa cosa rispondere. Perchè i Tre Allegri Ragazzi Morti hanno ragione, dicono le cose genuinamente, è un percorso di idee coerenti lungo 16 anni, da quel "piangerò per il tempo perso a cercare vestiti e divise nuove" a "Di che cosa mi stai parlando, di che cosa mi parli ancora, è una vita danneggiata la vita che facciamo ora". E non è il destino, sei tu il tuo nemico. Ripeto, hanno ragione.
E poi l'Amore: "La ballata delle ossa" è l'anello di congiunzione tra la precedente rivoluzione sessuale e il mondo nero odierno, con quello scampolo di dolcezza rock a descrivere una relazione ormai consumata ma che resta importante, e poi scavare nella profondità di un hammond scuro alla Linton Kwesi Johnson.
Oppure: io la guardo in faccia, le ciglia lunghe e tutto il resto. Le chiedo cos'è che la rende così bella. Lei annuisce. E, signore e signori, inizio a navigare in quell'universo disegnato sulla sua maglietta blu. Lei è davvero bella. Penso sia arrivato il momento giusto per ammutinarsi.
In conclusione: non me lo sono inventato io che gli eroi sono giovani e belli, o che i Tre Allegri Ragazzi Morti a furia di sforzarsi di capire come funzionano le sbarbate teste indipendenti ora hanno ben chiaro cosa sia un uomo, le sue evoluzioni e quali ingranaggi solitamente danno problemi. Adesso ci regalano uno spaccato a tutto tondo – più negativo che positivo ma non totalmente scoraggiato – dei trentenni italiani, oggi. E come gli altri loro dischi anche questo è importante, fondamentale. Se non ci fossero la nostra musica sarebbe sempre la stessa serie di immagini sbiadite servite nel brodo di pollo la domenica dopo la messa serale. E' un album bellissimo, datevi un po' di tempo per ascoltarlo e mi darete ragione.
---
La recensione Primitivi Del Futuro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-03-08 00:00:00
COMMENTI