L'uomo visto nelle sue viscere, dall'istinto alla ragione dissolta, al selvaggio.
Nelle cinque tracce di questo EP c'è una ricerca dal sapore ancestrale, nei meandri dell'ammesso, oltre gli steccati della convivenza, del pudore elementare, negli istanti di animalesca follia. Passaggi avantgarde, poi industrial, venature dark. Quello dei Janji's Khan è un viaggio sonoro, spesso gradevole come un semplice culto della complessità, da ammirare più che da analizzare, da accettare come un'ipotesi, un'immagine, un quadro, più che scrutarne visioni artistiche ed opinioni morali. Dalla ricerca nell'inconscio di "Lobotomia", al caos della traccia omonima, fino alla nemesi di "Sam's Gun".
È ricerca sonora d'altri tempi ed altre fasi artistiche, quella della musica come flusso di coscienza, come motore per un viaggio nell'anima, come conoscenza di noi stessi e degli altri. Quella tipica degli Area, per intenderci. Tra Ovo, Faith No More e Verdena al vetriolo. Una sorta di cinica consapevolezza postmoderna, una crudele testimonianza dell'homo sapiens degli anni zero. Scarna, essenziale, cruda.
In sintesi, numerosi elementi non privi di fascino. La curiosità di vederli incastonati in un lavoro più elaborato è tanta. Nella speranza che non venga delusa.
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La recensione Janji's Khan EP (Gioco da tavolo) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-04-20 00:00:00
COMMENTI (6)
te no del bu, prope brai
Grazie.Grazie.Grazie daavero.:)
Bravi davvero. Bravi davvero. No, proprio bravi.
tosti! :-D
Grazie. Grazie. Grazie daavero.
Bravi davvero. Bravi davvero. No, proprio bravi.