A vent'anni da Nevermind, si torna a respirare grunge. Purtroppo, però, manca qualcosa per suscitare davvero interesse
Il capitolo secondo degli Ananda, battezzato "Wardiaries", è oggi, anno 2011, a 20 anni dall’uscita di "Nevermind", un album nostalgico, citazionista, forse accessorio, ma non brutto.
“Wardiaries” sa di grunge, un vestito che il gruppo campano fatica a togliersi di dosso. Rivive quel periodo, che non sempre luccica in tutti e 12 i brani. L’intenzione è non allontanarsi dagli anni 90, portarseli dietro e continuare a consacrarli con amore e devozione. “Major E” ne è la piena, evidente e anche struggente conferma. L’inserimento del violino, in alcune parti, riesce ad affrancarsi un po’ dalla generazione I hate myself and I want to die: “How to forget an ocean” è un intenso e delicato frammento di diversità rispetto alla successiva “It shines”, che riporta in vita, forse anche per l’accostamento con la voce, angeli biondi tristemente dipartiti.
Quel vestito, se piace, potrebbe risultare non completamente fuori moda. E chiunque, empaticamente vicino a quei gusti, potrà decidere di indossarlo di nuovo o forse solamente di emozionarsi aggrappandosi ai ricordi. Purtroppo, la durata tende a esasperare il momento revival, che non sempre raggiunge, e non per colpa del grunge, alti picchi di interesse.
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La recensione Wardiaries di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-12-16 00:00:00
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