Nulla fuori posto o sopra le righe come la camicia che non esce dai pantaloni e il ciuffo ben pettinato. Il suono pare collaudato sugli intermezzi musicali di qualche serie tv per adolescenti che infesta il palinsesto di Mtv. Chitarra, basso, batteria e qualche tastierina che spunta qua e là per un quarto d'ora di rock melodico senza pretese. Che dire, si intuisce tutto al primo ascolto, incisivo quanto i servizi di Studio Aperto sulla cultura dei giovani emokids. Niente contro il disimpegno e il sound catchy, anzi, ma la prima uscita del quartetto marchigiano non riuscirebbe a reggere il confronto nemmeno con i patetici ultimi due album messi fuori dai peggiori Weezer di sempre. Più appropriato comunque un paragone con i Simple Plan o con i Jimmy Eat the World meno ispirati (non certo quelli di "Bleed American"). Suono languido, piatto come la rassegnazione. Poche idee messe in fila nell'ordine più prevedibile che si possa immaginare tengono in piedi l'esordio di una band che si muove ancora dentro le scarpe di qualcun altro.
Il massimo dell'emozione che arriva ascoltando gli Home by Three può essere quella che vibra dentro la noia dei liceali quando suona la campanella dell'intervallo. Quell'attimo di distensione che finisce ancora prima di cominciare.
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