Devo dire la verità: nel panorama della musica indipendente italiana dischi d’esordio come questo dei Magilla Gorilla non se ne ascoltano molti. Da subito si capisce la potenza, l’energia, la maturità del gruppo palermitano che nonostante la recente formazione ci regala un disco che sembra uscito da un circuito più ampio, oltre la ristretta cerchia del giro indipendente. I suoni sono perfetti, la coerenza stilistica è nitida, pur nel rimescolamento di vari generi, così frequente negli ultimi anni. Ska, hard-core punk, reggae, sono di casa per i Magilla Gorilla, con repentine sterzate da un suono all’altro, dalla violenza punk al ritmo incessante dello ska. Non a caso sono stati “arruolati” dagli amici Persiana Jones nella loro etichetta Uaz, specializzata proprio in questi due generi, soprattutto se proposti insieme. L’inizio dell’album è una bomba, con “Time for fun”, chitarre e fiati che si rincorrono. “Ten jack offs” è malinconica, con una melodia vocale che mi riporta a memorie dark/wave del passato. La maggior parte dei brani è cantata in inglese, ma in “Arturo” e “Sfratto” i Magilla tentano la carta dell’italiano, con successo: la prima è volutamente “narrata” e quindi meno potente delle liriche in inglese, ma in “Sfratto” le cose vengono perfezionate, tra ska solare e rabbia punk. Di due in due: stessa quantità di brani strumentali: unione armoniosa di ska e country and western, con finale reggae (??!!!) in “Joe Carob”, mentre in “The big fist of the law”, fiati, chitarre distorte, basso e batteria corrono insieme su binari impazziti. Spazio allo ska più classico dell’ondata inglese (“Let’s talk about the weather”) per un brano che non dice nulla di nuovo ma che è un piacere ascoltare. Carina l’idea dell’ottava traccia, “Super Santos”, con una riflessione sulla violenza negli stadi che non è fine a sé stessa, ma necessaria per ritornare in serie sk-A!! Messa da parte l’ironia, il lavoro procede con la melodica “Down on luck” e termina con “Quit your pimping find a job!”, brano senza etichetta, nel senso che include tutta una serie di generi amalgamati perfettamente, mentre la voce filtrata racconta storie di problemi quotidiani. Sembrerebbe finita lì, ma come è consueto fare negli ultimi anni dove in molti dischi è contenuta la traccia fantasma (che in pratica non è più una grossa sorpresa…), anche in questo lavoro ne è presente una, che corrisponde ad una rivisitazione in chiave dance anni Settanta di “I’m too sexy” dei Right Said Fred e di “Le Freak”. Una bella sorpresa, tutto sommato, non tanto per la ghost track, ma piuttosto per l’elasticità dimostrata da questi ragazzi palermitani anche con la prova del revival discotecaro.
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La recensione Super Santos di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-10-05 00:00:00
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