Vanessa Van Basten
Closer To The Small / Dark / Door 2011 - Post-Rock

Closer To The Small / Dark / Door

Parlare dei Vanessa Van Basten è parlare di qualcosa di ben preciso, dal significato univoco, e non si tratta di generi o suoni, ma di qualcosa che sta oltre, o piuttosto costantemente intorno, un qualche liquido o sostanza volatile in cui ci immergiamo quando li ascoltiamo. Un po' come, con le mani intorpidite dal freddo e i piedi immobili, i capelli su un lato e i pensieri irrigiditi, puoi cedere sull'orlo dell'abbandono o aprire un'altra porta. E sai bene che c'è una dimensione sconosciuta che in fondo conosci, un sospeso etereo ma col suo peso, un abbraccio remoto, confortevole, e confortante. E in questo limbo che si fa concreto trovi i Vanessa, con i loro motivi di fiori che si aprono e si spezzano o appassiscono nello spazio di un solo brano e nel tempo infinito che si dilata tra dissolvenze postrock e visioni in metallo, tra la gioia pigra e l'impalpabile ossessione.

Morgan Bellini e i suoi partono dal loro retaggio fatto di boschi scandinavi, Jesu, God Machine e senso tragico del vivere quotidiano per arrivare a nuove morbidezze, a rotondità di serena coscienza, e all'epicità crepuscolare de "La stanza di Swedenborg" si aggiungono chitarre acustiche da campo assolato in un giorno di quiete ("La serva dell'orba"), uno sfondo dreampop dove disegnare con pastelli a cera ("Domio '95"), un inaspettato sax che si innesta scaldando subito l'aria ("L'uomo che comprava il tempo"). Si perdono certe asperità e a tratti il tormento mantenendo però la stessa magia evocativa, e la sorprendente capacità di racchiudere in pochi minuti i tanti aspetti di un giorno comune, magistralmente rappresentata in "Fuck the best, take the rest", che con sapienti cambi di prospettiva sa essere al tempo stesso gotica, metallica e poetica.

Lavoro dal respiro internazionale che esce per la label americana Robotic Empire, "Closer to the small/dark/door" è una brillante conferma senza essere un clone (rischio in cui si poteva facilmente incorrere) e, come ne "La stanza di Swedenborg", chiude dopo minuti di silenzio con una ghost track, ipnotica e incalzante, che si ripiega su se stessa e non sai bene, come nella coda di un amore, se sia più forte il desiderio che finisca o l'illusione che non finisca mai. E allora puoi cedere, o aprire un'altra porta.

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