Venti brani in un solo cd francamente sono un po' troppi, soprattutto quando l'esito finale cristallizza un guazzabuglio sonoro dispersivo e citazionista. I Belladonna bruciano letteralmente in un'ora abbondante tutti i cliché del cupo hard-rock melodrammatico a stelle e strisce (non a caso l'album è stato registrato presso gli Stagg Street Studios di Los Angeles), volando rasoterra dall'inizio alla fine del viaggio, persino durante i frangenti metal e le ombreggiature crepuscolari di pianoforte. "And there was light" paradossalmente, a discapito del titolo, brancola nel buio, nell'ambizioso tentativo di forgiare un hard-rock pomposo e didascalico, dalle patinate movenze gothic e dai velati contrappunti cinematografici, schiavizzando, ahimè, gli psichedelici ruggiti su 6 corde e le carnose contrazioni ritmiche alle ampollose elucubrazioni vocali della bella Luana Caraffa.
Nonostante l'indiscusso pedigree della band romana (ricordiamo un featuring con Michael Nyman) e le prestigiose collaborazioni transoceaniche che nobilitano quest'autoproduzione (Mike Tacci su tutti, il sound- engineer del "Black Album" dei Metallica) le uniche suggestioni che permangono a fine ascolto scaturiscono dall'eccellente resa sonora del mastering, dai surreali camei vocali di C. G. Jung e Aleister Crowley e da qualche gradevole rigurgito timidamente pink-floydiano in salsa noir.
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La recensione And there was light di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-10-17 00:00:00
COMMENTI (2)
Anche io. Boh. E non sono mica gli unici...
Io non ho mai capito, sin dal disco del 2006, cosa ci fosse di notevole in questa band.