Cominciamo con alcune doverose coordinate musicali: se considerassimo Valentina Lupi come una proiezione ultra-confidenziale di Cristina Donà ("Dove sei", "Io e le tue parole") forse non renderemmo grazia a nessuna delle due; se ci spingessimo oltre, fino a rubricarla come una graziosa Paolo Benvegnù in gonnella ("Il modo migliore", "L'essenziale"), potremmo persino passare per irriverenti.
E allora? E allora diciamo che la verità sta nel mezzo: l'artista laziale si muove magistralmente all'interno di un songwriting intimo, denso, serrato e a tratti velatamente radiofonico, e davvero non importa quanto la ripetizione dello schema lirico - incentrato spesso sul dialogo con un interlocutore maschile - sembri appiattire stilisticamente la prospettiva testuale, perché alla fine dei conti il messaggio finale arriva sano e salvo a destinazione, con tutto il suo carico di dolore, inquietudine, rabbia e delusione.
Pregevoli sodali come Giorgio Maria Condemi (Spiritual Front), Cesare Petulicchio (Bud Spencer Blues Explosion) e Matteo Scanicchio (Cappello A Cilindro) predispongono quel giusto companatico musicale, compostamente diversificato tra rock, blues e soft-jazz, che asseconda l'accomodamento di diritto della Lupi sulla tribunetta del colto cantautorato al femminile di casa nostra.
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