E' roba per stomaci forti e menti ferree. Gli incubi e le violenze che arrivano dritti in faccia. Le parole. Le lacrime. Questa vita vissuta avendo sempre il coltello alla mano. E ci sono poi i momenti nei quali urlare non ti basta più. Ecco, "Lacrima/Pantera" è proprio uno di quelli. Il primo passo dopo la fine della battaglia. Quando gli altri stanchi tirano le cuoia e tu stai lì immobile a guardarlo, il campo, vuoto di speranze e gravido dei cadaveri della notte precedente. I pensieri che ti investono come un maremoto. Un flusso che è come magma incandescente.
Ci sono passati in prima persona i The Death Of Anna Karina. Un disco, questo, che sembrava non volesse arrivare mai. Prima la decisione di Giulio, che era voce e anima, corpo di queste stesse canzoni, di lasciare la band a registrazioni finite. Poi, la ricerca di un nuovo frontman per poter portare i pezzi dell'album anche dal vivo, ma soprattutto quella di nuovi stimoli per continuare a fare ciò che da quasi dieci anni li attanagliava lì sopra il palco: canzoni/pugni che scuotessero corpo e spirito, pogo thinking con quel suono imbrattato di hardcore, messo a mollo nel noise e strapazzato col punk. E ogni disco un cambio di rotta e di intenti, nuove strade battute, cosicché neanche "Lacrima/Pantera" sfugge alla regola. Via in parte le tastiere new wave di "New Liberalistic Pleasures", che rimangono sullo sfondo a punteggiare i pezzi ma non sono più carattere trascinante degli stessi, dentro i testi in italiano, densi, pieni di immagini e sezionati da una metrica che stringe le mani alla migliore prosa del novecento. Ci trovi stralci de "Lo straniero" di Camus, di Brecht e di Beckett, declamati alla maniera di Capovilla e Clementi, abbandonando lo screamo, altro (ex)marchio di fabbrica della band. Il tutto registrato con due ormai numi come Giovanni Ferliga degli Aucan e Giulio Ragno Favero.
"Ancora ognuno ha il suo inferno e lo terrà fino alla fine ormai"
Quando parte "Gli errori. E di fronte a noi il nulla", già capisci dai primi secondi che davanti non c'hai per niente un disco facile. Perché dentro le vedi le forme di granito, le senti le rassegne di parole e di pensieri, la musica che è pronta ad aggredirti e risucchiarti nel vortice. Il nodo attorno al quale finisce inevitabilmente per girare tutto è quello di un'oscurità, di un buio, che soggioga anche i più piccoli spiragli di luce. Un Inferno che diventa paradossalmente tòpos vitale, attributo comune a qualsiasi esistenza, passaggio obbligato e, forse, unica via per arrivare ad assaporare qualche briciolo di Bellezza. Ma di quest'ultima in "Lacrima/Pantera" non rimangono che ricordi sbiaditi del passato, e a regnare è un nichilismo che scorre ininterrottamente nella musica e nei testi.
Ascoltandolo, la prima immagine che ho avuto è stata quella di un uomo che sdraiato sul letto guarda sulle pareti i cieli della sua vita passata, dietro di lui solo macerie e davanti le prospettive della fine di un mondo che non gli somiglia più e forse non gli è mai piaciuto. Tetre e cupissime arrivano poi storie di sguardi, di lame e di sangue ("Inabilmente"), ancora uomini che seduti di fronte a uno specchio sono costretti a fare i conti con scelte e con una realtà che si disfa e perde di consistenza ("Quello che non c'è"). Analisi fredde e spietate, che si chiudono su punti interrogativi e con un perenne senso di inadeguatezza. Ma ci sono anche gli sguardi protesi verso un di fuori, le parole della lontananza di "Un'ultima volta", gli sterni sfondati da forze del disordine verso cui non rimane che quell'urlo stretto nella gola, "odiarvi come il fuoco la notte" ("Il vile omicidio"), o ancora la cronaca inquietante di "Per scherzo", che parte teso come un pezzo dei Jesus Lizard per poi aprirsi alle divagazioni nevrotiche da At The Drive-In. E la musica di fatto finisce per subire gli umori e le sensazioni insite nei testi. E' un monolite che rotola violentemente senza alzare gli occhi da terra, non concede eccessivi sussulti, rimane a fare quasi da cornice alle parole, muovendosi sempre in quei territori post, con tanto core ma con troppo poco roll.
Il punto è che a rendere "Lacrima/Pantera" un album epico è in primo luogo, appunto, la rivoluzione a livello lirico. Ricco di ambientazioni, storie e personaggi diversi, non è un disco immediato, e forse è questo il più grande difetto rispetto al precedente, e richiede una notevole attenzione per riuscire a coglierne tutte le sfumature. Ma spezza comunque le mascelle, e questo è sintomo che i TDOAK non hanno perso la forza del passato, semmai l'hanno trasformata e resa ancora più profonda e viscerale.
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