Tanto tanto tempo fa, un cantante italiano che più italiano non si può cantava "viva l'Inghilterra". Passano gli anni, passano e tornano le mode, il mondo si rimpicciolisce, ma il punto è sempre lo stesso: gli inglesi lo fanno meglio. Il pop. E quindi potremmo stare qui a discutere se sia giusto che gli italiani guardino oltremanica invece invece di abbracciare la missione di portare avanti e/o innovare la gloriosa tradizione patria. Ma anche no. Perché, comunque, gli inglesi lo fanno meglio. Il pop. E quindi lasciamo perdere le sterili e stantie discussioni. Italiano, svedese o ugandese che sia, se uno vuole fare il pop è giusto e sacrosanto che si infili le sue mutande con la Union Jack e abbracci la missione di portare avanti e/o innovare la gloriosa tradizione che appartiene al mondo intero.
I Vickers decisamente non fanno parte del battaglione degli innovatori. Quando parte il riff di "They Need To Dance" il primo istinto è quello di giocare a "scopri il plagio". Stessa cosa per "Chem Dream", "These Things Come To An End" e insomma un po' per tutti i pezzi. Ma proviamo un attimo a ribaltare il punto di vista: non chiediamoci "dove l'ho già sentita?", ma "dove potrei averla sentita?" Nell'album di una qualsiasi brit band anni zero, è la risposta. Il che fa dei Vickers un gruppo derivativo? Sì. Ne fa un gruppo mediocre? No. Perché, in quel qualsiasi album di una qualsiasi brit band, queste canzoni non avrebbero sfigurato nemmeno un po'. Quindi, semplicemente, ascoltiamoli per quello che sono: una band che fa ottime canzoni indie rock, fra gli anni sessanta ("You Think I'm Playing") e l'oggi ("It's all really mad"), british con qualche inevitabile sporcatura americana ("Baby G"), fottiamocene in allegria dell'amor di patria e alziamo albionicamente indice e medio all'indirizzo di chi sta ancora a discutere e sicuramente si diverte meno di noi.
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La recensione Fine For Now di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-03-01 00:00:00
COMMENTI (32)
comunque. l'ho lasciato riposare e lievitare lentamente e ora posso assolutamente affermare che questo disco cresce nel tempo, si insinua nel cervello e non se ne va più.
"You think I'm playing" mi fa lo stesso effetto che mi fece "On our minds" di The Record's: impossibile smettere di ascoltarla.
i vickers sono indubbiamente derivativi... embè?! ce ne fossero di band così capaci e brave ad essere derivative!
promossi a pieni voti!
(e poi, ribadisco, la copertina è magnifica!)
Salve gente, se volete, qua c'e' l' intervista ai The Vickers su okmusik radio.
okmusik.com/articoli/THE-VI…
Se vi piaciono i THE VICKERS non potete perdere la puntata di sta sera di Fuori di Cuffia, che avra' come ospite Andrea cantante chitarrista della band.
ore 23:00 okmusik.com
Si, puntualizzavo. Sono d'accordo con te.
Naturalmente sì, sia chiaro che quando dico "leggero" non sottintendo assolutamente superficiale, insulso, stupido o che ne so. Anzi, spesso essere pesanti è un attimo, l'arte della leggerezza intelligente invece è più raffinata!
Ma certo che ti si capisce, per quanto mi riguarda discuto per amor di discussione, non certo per infierire. Leggo ogni recensione con lo stesso interesse e di solito non mi prendo la briga di scrivere commenti critici, anche quando mi sembra di avere validi argomenti. Quando intervengo è perché intravedo una disponibilità al dialogo e la possibilità di spostare la discussione su un livello più universale, diciamo. Perché credo che tutte le recensioni e il loro corredo di commenti facciano parte di una stessa conversazione sulla musica, che mi affascina quasi quanto la musica in sé. A volte sembra di ascoltare una babele di dialetti diversi e poco comprensibili, ma anche questo aspetto ha il suo fascino! E anche un trombone brontolone come me gode a far parte del casino
:]
La recensione è scritta in un italiano perfetto, ma è un po' contorta... le ragioni ce le ha spiegate benissimo giuve...
E' poi vero che il disco è leggero... ma mi pare che dietro ci sia molto lavoro e fatica... non so quale luminare del giornalismo abbia detto quella frase, che ammetto non mi piace moltissimo... sembra un modo per giustificarsi in anticipo se si scrive qualcosa di sbagliato o superficiale... perchè poi magari nessuno si ricorda più dell'articolo, esclusi i diretti interessati (musicisti) che ci hanno speso tanta fatica e impegno e per cui ogni parola scritta riguardo la propria creatura è un macigno. Questo non toglie che quando un disco fa schifo, magari bisogna anche dirlo.
Ok! Non voglio fare il rompicoglioni, era solo una riflessione scritta "ad alta voce"... che poi a me va anche bene come scrive Letizia, ha recensito anche il mio gruppo!
E comunque sono solo parole, probabilmente adesso andrò a infilare un pesce nel monitor del mio computer...
P.s.
Mi pare che il disco dei Vickers sia proprio molto buono, registrato da dio e molto international... però a me dopo un po' l'atmosfera brit mi stanca... oddio, sono contorto anche io!
Puff, meno male, qualcuno che mi capisce c'è, mi stavano venendo i complessi! :] Suvvia, è una recensione "leggera" per un disco "leggero", e poi come dicevano i saggi maestri di giornalismo, ricordatevi che con quello che scriviamo dopo due giorni ci si incarta il pesce. Con le webzine nemmeno quello! :[
Certamente non è necessario che io assuma la difesa di nessuno, ma ci tengo a dire che invece a me questa recensione è parsa appropriata proprio perchè restituisce nella sua immediatezza e spontaneità parte dello spirito che, credo, sia caro al gruppo. Personalmente non avrei avuto alcuna richiesta ulteriore di analisi dettagliata dei singoli brani, così come non l'avrei riguardo l'immagine di copertina (tanto per dire di qualcosa vicino allo spirito del gruppo).
Credo in realtà che se fossi uno dei Vickers, non mi sentirei di aver nulla da ridire sul commento al disco, che sta peraltro in un sito che al gruppo ha dedicato ampio spazio, e non da oggi. La discussione che ne è scaturita fa parte di questo, e rende conto del fatto, pure in sè rilevante, che ad alcuni o a molti il gruppo appaia destinato a lasciare un segno indelebile nella storia della musica. Forse il recensore non è tra questi e forse non lo sono nemmeno io.
Nessuno stile di recensione va scartato a priori, se è congeniale alla comprensione di un'opera, ma non è questo il punto. E non lo è neanche esplicitare i nomi di riferimento. Non è da tutti fare ottime canzoni, e in una recensione questo fatto dovrebbe avere la precedenza su ogni altra considerazione. Perché se sono ottime lo sono a prescindere dalla loro adesione a un modello. Invece il fatto che ti dilunghi in una premessa sul brit pop, che continui con somma prudenza mettendo le mani avanti e che solo alla fine della recensione ti sbilanci di punto in bianco con l'aggettivo "ottimo", dà la sensazione di scarsa convinzione.
Naturalmente scrivo queste cose solo per il gusto di fare le pulci non a te, ma al tuo testo, con distacco da entomologo. Il mestiere del recensore è spesso un mestiere fai-da-te, e i modi per raccontare un album di musica sono infiniti. A volte è più efficace scrivere un commento di getto piuttosto che soffermarsi a pesarne ogni frase: il risultato può essere più onesto intellettualmente malgrado i difetti di forma. Ma in generale la ricerca di una gerarchia di valori e l'attribuzione di un peso specifico chiaro a ciascun elemento del giudizio complessivo pagano di più in termini di comprensione da parte del lettore, quale che sia lo stile della recensione. *burp* pardon :]