Quando nella prima canzone di un album viene ripetuto per quattro volte a gola spiegata “Torino è proprio una bella città”, la sottoscritta si ritroverà proiettata in un bar di piazza Vittorio con un bicerin in una mano e il programma del film festival nell'altra, e non riuscirà ad essere temibile e spietata come ogni critica che si rispetti.
Per fortuna, con gli iVenus non c'è bisogno di essere temibili e spietati, perché sulla lunga distanza confermano la buona impressione che avevano fatto con l'ep “Venus in furs” e anzi la migliorano: meno pose da rocker alternativi annoiati e una maggiore concretezza pop, che fa di questi pezzi, se non “nove candelotti di dinamite che ti scoppiano in faccia”, come scrivono loro, sicuramente nove buone prove di rock adrenalinico e intelligente, con episodi elettro anni 80 che giustificano il titolo “Tanz!” (omaggio a un maestro del genere, l'Alberto Camerini di “Tanz Bambolina”), ma anche momenti di enfasi orchestrale anni settanta – i 6 minuti e rotti di “L'epilogo”.
Non convince molto la parte centrale del disco, che cede a un paio di derive nel pop-punk quasi da boy band (“Nella voragine” soprattutto) ma l'inizio - la già citata “Il prologo”, dal testo epico in senso letterale (“Cantami di lavatrici isteriche, cantami di tristi ipermercati economici...”) e le ossessive “La verde atomica” e “Piovra” - e la fine funzionano. Promossi anche stavolta.
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