Fantastico. Finalmente c'è qualcosa di diverso in giro, in Italia ci mancava, e adesso c'è.
Certo, le voci sono un po' acerbe, ma non ha importanza. Ciò che rende questo disco una rovesciata fuori area con palla insaccata nell'angolino alla destra del portiere è l'originalità insita nel suo genere, il ritmo che ti fa scuotere la testa, e non è rock signore e signori, con il rock non ci azzecca niente ma ha una carica da paura.
Troppo entusiasta? No, sono assolutamente convinta che i Johnny on the Rise ci portino una ventata d'aria fresca da cogliere al volo. I testi sono ben scritti, le tracce sono tutte diverse e questo spaghetti-western ci fa felici perché porta allegria ma non è leggero, perché nulla è esasperato, e tutto riesce bene.
"John de Sadre" è un brano davvero bello nel vero senso del termine, la sua particolarità e i suoi toni cupi ci spediscono fuori dal saloon, ad aspettare il passaggio di Calamity Jane con il cappello ben calato sulla testa, a difenderci dalla polvere sollevata dal passaggio delle carrozze.
"Ode to Love" è una cosa totalmente diversa, decisamente più contemporanea, torniamo alla nostra realtà, ma in fondo lo stato d'animo è sempre quello, un misto tra nostalgia e speranza, quella linea sottile in cui le nostre palpebre sono ancora asciutte che precede solo di pochi attimi l'inizio del pianto.
"Down South" è una piccola perla di originalità, grazia e talento che un ascoltatore attento ed esigente non potrà non apprezzare.
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La recensione Down South di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-05-05 00:00:00
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