L'aria sbarazzina da indipendenza anni 90, se non decisamente emo-punk, profusa nella prima "Etiquette Is Useless", con tribalismo percussivo e un synth ammiccante, fa da prologo alla terza uscita dei cosentini Camera 237, disco che appare elegante nell'artwork e curato nella produzione (registrato e mixato a Bologna da Bruno Germano e masterizzato da Carl Saff allo Saff Mastering di Chicago).
Del suono "più compatto, potente ed esplosivo", come da note del comunicato, è possibile ricavarne un certo pallido riscontro nella seconda canzone, nonché title track, dove a farla da padrone è un sintetizzatore su un giro post-punk, ideale connubio tra Oneida (o una loro versione edentula) ed esacerbazioni emo, nelle derive più melodiche, tipo Billy Talent piuttosto che Alkaline Trio, ma qui si è solo nell'ambito della funzione metodologica, alla ricerca di orizzonti referenziali più o meno calzanti.
Un suono simil mellotron apre la suggestiva "John Arne" e sono gli Arcade Fire, questa volta, ad infestare la traccia. Un'influenza che spesso si potrà ritrovare, più o meno esplicitamente, nelle sue varie declinazioni (anche proto-Badalamenti), qua e là lungo il percorso.
La penultima "My Wrong Words" si rivela tra gli episodi più riusciti del disco, dove un certo post-rock si innesta su una struttura indie-pop, che potrebbe ricalcare le sonorità più oniriche di Dave Grohl con i Foo Fighters.
C'è una certa sensibilità post che viene credibilmente innescata dal noise, e un afflato pop che può risultare una vera e propria malìa per orecchie avvezze. C'è del tratteggio en plein air, tra sottili sfumature di luce e realismo crudo. Ma si resta fatalmente come appesi a qualcosa di non ancora pienamente potenziato, persi tra migliaia di referenti e ancora poca reale individuazione.
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