Un disco potente di cui si erano perse le tracce che riprende quota grazie a Internet
Questo disco è una storia perfetta per inquadrare come funzionano le cose nel mondo della musica e per capire per l'ennesima volta le potenzialità di Internet. Sia chiaro, ascoltandolo non troverete proclami sulla libertà di espressione in rete o dichiarazioni politiche di alcun tipo. Il fatto è che alla fine del 2006 “Looking for the sea” era già pronto, le registrazioni erano state ultimate e il disco appena masterizzato da Alan Douches ai West West Side Music Studios di New York. Subito dopo, qualcosa comincia ad andare storto. Forse l’agenzia di management non era quella giusta, forse qualche scelta nella direzione sbagliata, sta di fatto che la band di Livorno si ferma e “Looking for the sea” rimane un disco fantasma per cinque anni buoni, fino a qundo i Justine Dusk decidono di promuovere personalmente la loro musica e in maniera diretta su Internet. E per foruna.
E proprio Internet ci restituisce un album che - nonostante gli anni trascorsi - non suona datato e che è decisamente notevole. Si naviga dalle parti del migliore emocore di matrice americana, con incursioni frequenti in quel crossover tra i generi che ha conosciuto la sua migliore stagione alla fine degli anni ’90 e qualche eco di epic metal qua e là. Il tutto messo in piedi con un’ottima tecnica musicale, che non si presenta quasi mai come uno sterile esercizio di stile.
Qualcosa che farà sicuramente contenti i fan di gente come Funeral for a Friend e 30 Seconds on Mars, ma che potrebbe piacere anche ad ascoltatori che frequentano altri generi di suono. Riff di chitarra taglienti sfumano in atmosfere più delicate, talvolta malinconiche. Le esplosioni di rabbia aggressiva ci sono, ma non si trasformano mai in violenza gratuita. Tutto scorre liscio dall’inizio alla fine e, a parte qualche episodio piacevolmente sopra le righe (“Cover Up”, “Sadist” e la conclusiva “Gold for the masses”), l’album ha una sua coerenza e continuità. Proprio questo è il limite più evidente del disco: alla lunga il discorso si ripete sempre uguale e stanca un po’. Manca qualcosa che a un certo punto rimescoli tutte le carte che sono in tavola e che sono scoperte fin dall’inizio del gioco.
---
La recensione Looking for the Sea di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-01-31 00:00:00
COMMENTI